Hanno aderito all'intesa con Rcs gli istituti Mediobanca, Unicredit, Intesa, Ubi, Bpm e Bnl. Resta il nodo all'adesione dell'aumento di capitale, con Rotelli e Della Valle che non hanno ancora risposto all'invito del presidente Provasoli. Braccio di ferro sui licenziamenti in arrivo
Rcs trova un’intesa con le banche creditrici. L’accordo, come apprende l’Ansa da fonti finanziarie, prevede di rinegoziare il debito in scadenza a fine anno siglando un finanziamento per 575 milioni di euro spalmato in tre linee di credito, con Unicredit, Mediobanca, Intesa, Ubi, Bnl e Bpm.
Le trattative riguardavano in particolare una linea di credito con scadenza a tre anni, da rimborsare utilizzando parte dei proventi da cessioni, una linea di credito con scadenza finale a cinque anni, un periodo di preammortamento di tre anni e, infine, una linea di credito cosiddetta “revolving” a cinque anni. Nel frattempo è conto alla rovescia per il consiglio di amministrazione atteso domenica pomeriggio che dovrà chiudere i lavori sul piano di rilancio e relativo aumento di capitale da 400 milioni, approvando il bilancio 2012.
E mancano sempre all’appello, dopo le adesioni da otto soci su dodici pronti a farsi carico almeno del 44 per cento dell’aumento di capitale, gli azionisti Giuseppe Rotelli, il re della sanità privata primo socio fuori dal salotto di controllo con il 16,5 per cento e Diego Della Valle (8,7 per cento), che non hanno ancora risposto all’invito del presidente del gruppo, Angelo Provasoli.
Prosegue intanto il braccio di ferro sui licenziamenti in arrivo. “Non voglio concludere la mia carriera giornalistica scegliendo tra di voi chi mandare a casa”, ha scritto il direttore del quotidiano Ferruccio De Bortoli in una lettera alla redazione, sollecitando un accordo il prima possibile. “Ma se non lo farò io, lo farà qualcun altro. Dunque, un accordo va trovato. E dobbiamo accettare tutti dei sacrifici, in forma equa e solidale, per garantire l’occupazione e l’inserimento dei giovani, oltre che la stabilizzazione di alcuni contratti a tempo determinato”.
Porte chiuse, però, dal sindacato. I rappresentanti sindacali dei giornalisti mandano a dire che “nella nostra autonomia, facciamo presente che stiamo percorrendo altre strade, che non prevedono riduzioni di stipendio per i colleghi, né ipotesi di “prestiti infruttiferi” (o di altro tipo) all’azienda.
Tra le incognite per il futuro del gruppo resta la sorte delle dieci riviste che la società vorrebbe vendere o chiudere. I giornalisti della divisione Periodici hanno approvato una proposta alternativa alla vendita delle testate che passa per un’ampia disponibilità a sacrifici collettivi, inclusa la rinuncia a parte dell’integrativo, e conversione professionale ai nuovi media.