In Italia anche il lavoro si rottama. Lavoro 2.0 obbligatorio con un tasso di disoccupazione giovanile pari al 37,8% e con 390 mila esodati. Ecco 3 storie che certificano una rivoluzione silenziosa che passa dal rapporto con la campagna.  

“I politici? Tutti a zappare la terra”, pensa oggi il cittadino comune. C’è però chi ha preso alla lettera questo sfogo e all’agricoltura si è dato davvero. Stiamo parlando dell’ex sindaco di Cinisello Balsamo (Milano) Angelo Zaninello che, una volta smessi gli abiti di primo cittadino, ha vinto un bando comunale e ha realizzato il suo sogno: coltivare i campi. La chiamano decrescita felice, da filosofia che oggi fa moda a impegno quotidiano. In questa città di 75mila abitanti lo scorso anno 110 famiglie si sono conquistate un appezzamento di terra nel parco pubblico del Grugnotorto. “Terra in cambio di braccia disposte a lavorarla” si leggeva nel bando e così, dopo un boom di richieste, il comune è stato costretto a riaprirne un altro mettendo a disposizione altri 10 campi (le domande vanno presentate entro il 30 aprile, qui in moduli). Per partecipare sono state messe delle condizioni: bisogna essere disoccupati e avere più di 60 anni. Identikit che coincide con quello di un esodato…E’ questa la risposta alla crisi economica e alle sue dure leggi: si coltiva la terra, si mangia sano, si risparmia sulla spesa e magari si riesce anche a vendere le eccedenze al fruttivendolo. Ecco il loro diario mensile.

In Lombardia questo trend è già realtà. Gli orti urbani gestiti dai comuni sono circa 2mila e Coldiretti per esportarli anche nelle altre Regioni ha lanciato una campagna rivolta a tutti i comuni italiani. Al progetto “Orti Urbani” hanno aderito in molti. A Genova hanno trasformato in campagna la diga di Begato, un’area di 7mila metri quadrati dove doveva sorgere un nuovo quartiere popolare: basilico al posto di palazzi. A Roma, nel parco della Caffarella, grazie ai bambini e agli anziani del quartiere Appio si è ritornato a coltivare la tipica varietà del carciofo romano senza la quale non sarebbe possibile prepararli alla giudia. A Ostuni, nel brindisino, gli orti comunali sono stati dati in concessione a giovani agricoltori selezionati dagli studenti dell’Istituto tecnico agrario Pantanelli che li seguono in tutte le fasi, dalla semina al raccolto. I prodotti vengono poi venduti al mercato settimanale.

E poi c’è Sesto San Giovanni (Mi). Nella città più “comunista” d’Italia l’esproprio proletario l’hanno fatto davvero. Subito dopo la Seconda guerra mondiale i genitori degli operai venuti dal Sud avevano occupato abusivamente alcuni terreni pubblici della Valle del Lambro per coltivare in proprio frutta e verdura, poi col tempo li abbandonarono e quell’area divenne una discarica a cielo aperto. Adesso il comune ha ricontattato i vecchi ‘proprietari’ che, per usucapione, consideravano loro quel terreno e ha stipulato una convezione convicendoli a “sbracciarsi” (in fondo quel terreno non è loro).
Dopo 783 giorni di lavoro e 62 ortisti volontari coinvolti sono stati raccolti oltre 10 mila quintali di rifiuti (c’era anche dell’amianto) trasportati via da ben 120 viaggi di camion. Adesso gli orti della Bergamella sono divisi in appezzamenti di 50 metri quadrati, ciascuno con il proprio padroncino. Sul sito del comune le loro testimonianze.

 

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