Sul Professore, entrato nella rosa dei preferiti del M5S, c'è il veto di Berlusconi. Che teme possa far saltare l'accordo con Bersani per una figura condivisa. I democratici intanto si dividono tra chi non lo vuole e chi potrebbe votarlo, renziani in testa
Nella corsa al Quirinale torna tra i papabili Romano Prodi. Uno dei nomi più temuti dal Cavaliere. Che ieri, non a caso, dal palco di Bari ha aizzato il pubblico: “Se arriva lui è meglio che andiamo tutti all’estero”. Ma il nome del Professore, gradito a Beppe Grillo ed entrato con le ‘Quirinarie’ nella rosa dei dieci preferiti del Movimento 5 Stelle, ora rischia di spaccare anche il Pd. Perché i prodiani hanno iniziato a sperarci di nuovo, a riorganizzarsi.
Per l’ex presidente della Commissione europea spingono diversi esponenti del partito. Chi in parlamento, chi fuori, come Arturo Parisi. E poi ci sono i renziani: un’ottantina di grandi elettori in tutto che potrebbero convergere sul nome di Prodi. “Per noi che abbiamo partecipato alla fondazione del Pd, lui è il riferimento – sottolinea Roberto Reggi, coordinatore delle primarie del sindaco di Firenze -. Chiedo a Bersani: caro segretario ti senti di dire no a Prodi?”. “Veti sul suo nome sono inaccettabili – aggiunge Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci -. Da parte del centrodestra come anche da parte di chi, dentro il centrosinistra, dice ‘Prodi mai'”.
Così attorno al Professore rischia di consumarsi un’altra divisione interna al Pd. Lo stesso Berlusconi teme che Bersani non riesca più a garantire il voto compatto dei suoi intorno a un nome condiviso. E che salti il tentativo di accordo per arrivare all’elezione del capo dello Stato entro i primi tre scrutini, quelli in cui è necessaria una maggioranza dei due terzi. Con favoriti i nomi che sono circolati negli ultimi giorni, da Giuliano Amato a Massimo D’Alema, da Franco Marini a Pietro Grasso, da Anna Finocchiaro a Paola Severino, da Luciano Violante a Sergio Mattarella. Tutte figure che rassicurerebbero le paure giudiziarie di Berlusconi. Non come Prodi, il nemico degli ultimi vent’anni, l’unico che sia riuscito a batterlo alle elezioni per ben due volte.
E che il nome dell’ex leader dell’Ulivo sia tornato tra i più papabili lo dimostra anche la presa di distanze che lui ha cercato di mostrare. Ma quel suo “non ho nessuna candidatura al Quirinale, io sto fuori, io sto semplicemente a guardare”, più che una smentita delle sue ambizioni, sembra piuttosto rispondere a un’altra esigenza: quella di non bruciarsi con una dichiarazione sbagliata. Suonano simili pure le parole della sua portavoce Sandra Zampa, deputata del Pd: “Lui da 5 anni è fuori dalla politica italiana, e passa la maggior parte del suo tempo fuori del Paese”. Come a voler indicare che il Professore sarebbe un nome super partes, caratteristica assai apprezzata per un presidente della Repubblica.
Fuori dall’Italia Prodi lo è anche oggi, partito per l’Africa, in missione Onu. Sarà lì, domani, quando gli attivisti del Movimento 5 Stelle sceglieranno tra i primi dieci il loro candidato definitivo. Difficile che possa davvero vincere il Professore, se si considerano le polemiche che sul suo nome si sono scatenate in Rete. Ma se a sorpresa dovesse farcela, a quel punto le divisioni all’interno del Pd diventerebbero ancora più marcate: difficile giustificare, anche verso la base, il mancato appoggio a un esponente storico del partito votato dai grillini. In ogni caso, il nome di Prodi finito nella top ten del movimento una conseguenza già l’ha avuta. E’ un segnale ai democratici: il M5S è tornato in partita per la scelta sul Quirinale e dal quarto scrutinio in poi potrebbe convergere su un nome proposto dal Pd. Purché Bersani e Berlusconi non trovino un accordo su quello che ieri Grillo definiva sul blog un “inciucio per salvaguardare entrambi, un atto antidemocratico e ributtante”.