Dieci giorni da incubo, ma che si sono conclusi con un rilascio. I quattro giornalisti italiani rapiti in Siria, da un gruppo armato jihadista, sono tornati a casa sani e salvi. Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e la giornalista italo-siriana Susan Dabbous sono atterrati ieri sera a Ciampino. La Farnesina e i contatti interni creati sul posto hanno permesso che questa drammatica vicenda finisse bene. Una chiesa profanata filmata dai cronisti sul posto, è stata questa la molla che ha portato al fermo e poi al rapimento in una casa prigione, così ci racconta Dabbous intervistata da ilfattoquotidiano.it. “E’ stato un malinteso, noi pensavamo che fosse una chiesa colpita dai bombardamenti, loro hanno subito pensato che avremmo utilizzato le immagini per accusarli” afferma la giornalista freelance. “Ho avuto paura, per la mia doppia nazionalità pensavano che fossi una spia, ma sapevo che non mi avrebbero mai toccata nemmeno con un dito essendo una donna e loro dei jihadisti, legati all’ideologia e all’etica del rispetto per l’altro sesso”. Susan ha vissuto la sua prigionia isolata da gli altri collegi uomini. Però una donna, moglie di uno dei ribelli, le ha dato conforto. “Cucinavamo insieme, potevo farmi una doccia, lei mi dava dei vestiti, mi sentivo protetta in quel momento, ma sapevo di dover rimanere in tensione, perché le cose potevano precipitare da un momento all’altro”. Dopo giorni di agonia l’atterraggio a Ciampino. “Una gioia immensa quando ho visto la mia famiglia dall’alto, adesso mi sento come estraniata, ci vorrà del tempo per elaborare quello che abbiamo vissuto”. Tornerai in Siria?: “Certo con il tempo, è la mia terra, però adesso quella zona è fuori controllo, Al Quaeda la fa da padrone, e i giornalisti non sono al sicuro. Il silenzio della comunità internazionale mi preoccupa” di Irene Buscemi