Permettetemi il gusto di parlare bene della mia città. Già da diverso tempo, tornando a casa, decido spesso e volentieri di fermarmi in una minuscola botteghina che pratica una rivoluzionaria attività. Una moglie e un marito fanno una pizza che, se si presentassero al governo del Paese, gli darei immediatamente il mio voto.
Anzi, quasi quasi lancio un’iniziativa popolare per raccogliere uno straordinario consenso intorno a loro, o a chi come loro pratica giornalmente attraverso il lavoro il benessere economico, fisico ed emotivo dei loro, in questo caso, avventori. Ho la certezza che in tutto il Paese ve ne siano migliaia. Naturali antidoti alle mafie che occupano gli spazi lasciati vuoti dalla crisi che vede fallire 4 attività commerciali ogni ora e chiudere ogni giorno ben 40 piccole e medie industrie.
Questi due pizzaioli-panificatori sono, come tante altre piccole attività, il naturale antidoto alle sbrilluccicanti multi-sale del cibo, che concentrano in poche mani svenduti saperi di professionalità individuali che, persa questa caratteristica lentamente ma inesorabilmente decadono delle loro sapienze trasformandosi in standard facilmente replicabili ma incapaci di suscitare vere emozioni, edificando solamente conformistici principi di appartenenza ad un consumo sordo e muto. Sappiate che nessun investitore odierno finanzierà mai il talento naturale, e i molti “templi del gusto” abbondano di mercanti che, come ingordi cannibali, non si saziano mai. E i talenti, i fragili talenti, che appoggiano le loro radici nei territori ormai spesso abbandonati alle intemperie di questi anni, si fanno facilmente abbindolare e catturare dai tanti gatti e dalle tante volpi.
Il talento è dunque a rischio di estinzione, e siccome quest’ultimo è sempre difficilmente replicabile e non raggiunge né somma facili guadagni al possesso dei format replicabili, per la sua unicità, va protetto, a tutti i “costi”. Mai parola, con tutti i suoi significati, potrà essere più appropriata, certo come sono che l’idea di un mondo con i suoi misteri e mestieri, con le sue piccole diversità, sia più emotivamente appetibile, e che la cultura della biodiversità, anche nelle gesta umane, sia la salvaguardia di un patrimonio irrinunciabile.
Lotto felice per e con il mio lavoro tutti i giorni, ma anche se posso mi fermo in dolcissimo riposo a mangiare straordinarie “cose” altrui. Cose cresciute con il tempo giusto, possibilmente dei territori a noi vicini, senza chimica e con sapienti mani.
La “Divina Pizza” in Borgo Allegri 50r., nei pressi di piazza dei Ciompi e in angolo con via dell’Agnolo a Firenze è un luogo di spaccio di gentilezza e bontà. A poco prezzo, pizze in pala e pizze al piatto con un forno da panettiere che cuoce lieviti di solo lievito madre e materie prime straordinarie. Pensi di mangiarne una e ne mangi quattro. Quella con patate risaltate con il finocchietto e rosmarino, più qualche salume del territorio, impareggiabile. Commovente anche la semplice Margherita. Fidatevi, anche perché normalmente io non vado oltre quest’ultima o l’amata Marinara, ma qui abbandonate ogni speranza voi che entrerete, di resistere alla fantasia amorosa di questi due angeli.
Birre buonissime in bicchieri di plastica per una delle impareggiabili leggi della nostra burocrazia. Della serie forte con i deboli e debole con i forti.
Io ho detto la mia voi dite la vostra.