Un cartone animato francese uscito nelle sale italiane a novembre del 2012, rischia di divenire una delle più grandi pietre di scandalo della storia recente di internet. Almeno in Italia. Il cartone animato in questione si chiama Un mostro a Parigi (Un monstre à Paris) ed è  un film d’animazione del 12 ottobre 2011, uscito in Italia  il 22 novembre 2012.

Un cartoon come tanti altri, forse più bello degli altri. Fatto sta che il 27 febbraio (più di due mesi dunque dall’uscita nelle sale) di quest’anno la società italiana di distribuzione italiana del film ha deciso di denunciare alla Procura della Repubblica di Roma le violazioni del copyright che aveva riscontrato sulla rete.

Da questa denuncia  è scaturita una “velocissima” indagine  (un mese) della polizia postale capitolina sfociata nella richiesta (accettata dal Gip di Roma) del Pubblico Ministero di oscuramento dei domini nella loro interezza e  sequestro dei DNS dei nomi più importanti del panorama di scambio di file del calibro di Nowvideo, Nowdownload, Videopremium, Rapidgator, Bitshare, Cyberlocker, Clipshouse, Uploaded, giganti che radunano milioni di utenti in tutto il mondo, solo per citarne alcuni.

Si tratta, per entità e per estensione  della più grande operazione di sequestro di contenuti su internet di un paese occidentale, seconda solo alla operazione di sequestro di domini adottata dal dipartimento dell’Homeland security Statunitense il 26 novembre 2010, che aveva portato al sequestro di 70 portali .

La società  denunciante avrà naturalmente le sue buone ragioni, ma  ci si chiede il perché 27 portali che raggruppano milioni e milioni di utenti siano stati resi inaccessibili nella loro interezza. Forse perché è stato scoperto un giro illecito di denaro? Come si pensava nel caso Megaupload?  Perché si ponevano in commercio sostanze proibite?  Perché le stesse avevano a che fare con un giro di sfruttamento della prostituzione minorile? No, o, almeno questo non appare  dal sequestro, che è stato adottato perché un solo film sarebbe presente tra i  milioni di  files presenti nei suddetti portali. Uno solo.
Per un solo audiovisivo di pochi bit è stato adottato un blocco che ha lasciato al buio centinaia di migliaia di utenti italiani che non hanno ovviamente  nulla a che vedere con questo film e che avevano semplicemente acquistato attraverso i sistemi premium la possibilità di scambiare file di grandi dimensioni. E, non sembra finita qui, dal momento che il Pm ha richiesto espressamente il sequestro dei domini, lasciando intravvedere una dimensione internazionale del sequestro.

Le reazioni al provvedimento sono state varie: alcuni di questi portali più legati al nostro paese, ritenendo di essere al sicuro in virtù dell’anonimato su internet,  hanno pensato bene di cambiare il nome di dominio o suggerire cambiamenti di DNS, senza tenere in considerazione che le nuove tecniche investigative si stanno concentrando sul principio del “follow the money” e, che dunque prima o poi si arriverà anche a loro. Altri, subodorata la mala parata,  hanno deciso di lasciare l’Italia, interrompendo volontariamente il traffico proveniente dall’Italia, sperando in questo modo di poter chiudere la partita che si è aperta davanti al Giudice di Roma, come hanno fatto di recente alcune grandi imprese mondiali del settore dei derivati finanziari, quando il tribunale di Roma ha deciso di sequestrare i portali di scambi finanziari dedicati al trading online. Si tratta di reazioni che, ovviamente non risolvono il problema, che si ripresenterà sotto le stesse forme, e che dà semplicemente motivo a chi è interessato alla censura, per dire “vedete, noi ve l’avevamo detto!”

Le imprese straniere non capiscono e, semplicemente, se ne vanno, escludendo il nostro paese dalla lista dei paesi interessanti dal punto di vista del mercato. L’Italia che certo non ha bisogno di far scappare capitali e imprese  e che ha un disperato bisogno di far condividere ai propri cittadini su internet  informazioni  per non rimanere tagliata fuori dai grandi flussi mondiali della conoscenza, sta erigendo una vera e propria “muraglia  cinese”  virtuale nella più completa indifferenza  di cittadini, associazioni e anche (spiace dirlo) della stampa.

Per non parlare ovviamente del mondo politico.

Alla  “diaspora” peraltro,  ha contribuito questa volta  anche  un mostro proveniente da cartoonia che, lasciato Parigi, sembra aver deciso di trasferirsi in pianta stabile nel nostro paese.

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