“Buongiorno, volevo farle i complimenti per la riconferma definitiva di Ecopass! Però avrei qualche domanda…io sono contentissimo di questo sindaco che ho votato e rivoterò…ma ho anche sostenuto i referendum verdi che voi avete proposto e non mi sembra che gli altri punti siano stati presi molto in considerazione…Forse si dovrebbe iniziare a “pressare” un po’ di più la giunta…Lei cosa ne dice? Grazie. Alessandro M.”
Ci sono brevi mail che valgono un editoriale. Ho votato questo sindaco e lo rivoterei ma, proprio come Alessandro, credo occorra fare di più.
I referendum parlano chiaro: Area C è solo un tassello iniziale, il pedaggio deve essere esteso al resto della città ed è parte di un disegno più ambizioso per una Milano più verde, più sana, più ecologica, più “acquatica”, più vivibile. Per tutti, non solo per chi abita in centro. E invece siamo fermi, anzi stiamo facendo passi indietro: anziché occuparsi della piena realizzazione dei cinque referendum, la politica discute se mantenere o meno innocue domeniche a piedi una tantum. Come è potuto accadere? Perché siamo arretrati a questo punto? Eppure recenti sondaggi dimostrano che i cittadini, su questo tema, sono molto più avanti. Non sarà proprio questo il problema?
Cinque anni fa Ecopass. Torno alla mail di Alessandro M. e alla sua illuminante confusione tra “Area C” ed Ecopass: referendum a parte, il pedaggio urbano non esisterebbe oggi a Milano se non fosse stata avviata la sperimentazione di Ecopass nel 2008. Lì è cominciato tutto. Ma è utile ricordare come è avvenuo, spiega molte cose. Contro l’avvio del pedaggio ci fu a Milano la massiccia opposizione interna da parte del centrodestra allora al governo, e la concomitante risposta dell’opposizione di centrosinistra che oggi governa a Palazzo Marino: “Faremo ricorso al Tar contro Ecotass”, scritto con la “t”. Formigoni dalla Regione, Albertini dall’Europarlamento, Penati dalla Provincia: politica e istituzioni contro, senza distinzione di schieramento. A sostenere con convinzione la necessità di avviare questo provvedimento ricordo solo pochi eretici; sul fronte civile dell’associazionismo, il WWF e Ciclobby. Il resto rimaneva in silenziosa attesa, pronto – per dirla con Flaiano – a correre in soccorso del vincitore, a battaglia finita. Il primo esperimento di pedaggio urbano in Italia prese il via sotto un fuoco incrociato e trasversale da parte di amministratori preoccupati di una cosa: che una misura nuova ed efficace potesse mettere a nudo il loro vuoto di idee e di coraggio in materia di politiche anti-traffico e antismog. Vuoto di idee e di coraggio che poi ha coinvolto anche chi quell’esperimento lo aveva avviato, come la sindaca Moratti.
Ma ormai era troppo tardi: pur indebolito dal numero di veicoli esentati, l’esperimento era riuscito, il pedaggio aveva dimostrato di funzionare e di poter incidere sulla mobilità e sui comportamenti; Ecopass ormai camminava fuori da Palazzo Marino, sulle gambe della cittadinanza attiva sul fronte antismog, un movimento civico che poi raccoglierà le firme per i cinque referendum ecologisti, aprendo la strada ad Area C e a una serie di richieste molto avanzate in materia di verde, energia, rifiuti per la città di Milano.
Politica e civismo. E’ questo il punto: lo strumento del pedaggio in ambito urbano a Milano è nato e si è sviluppato fino ad oggi non grazie alla politica, bensì nonostante la politica. Cittadini comuni, madri e padri preoccupati del futuro dei propri figli hanno preteso dalla politica meno slogan e più azioni concrete, scelte difficili, alzando sempre più l’asticella con i cinque referendum. E’ stata la cittadinanza attiva a consentirci di avanzare fino a questo punto: la politica, attenta al peso elettorale delle lobby ed incline alla logica delle deroghe, ne avrebbe fatto volentieri a meno. Da questa spinta è arrivato il cambiamento al governo della città di Milano. Dopo il 2011, questa spinta si è affievolita. La cittadinanza attiva può spingere chi oggi governa a riprendere la marcia.
La situazione è grave: come nel 2011 e nel 2012, anche nei primi due mesi di quest’anno, nonostante piogge e nevicate, abbiamo già abbondantemente superato i limiti annuali di concentrazioni medie di PM10 previste dalla Direttiva Ue a tutela della salute pubblica: a questa perdurante emergenza sanitaria vanno date risposte urgenti e concrete, che non impongono nuovi investimenti ma scelte chiare e coraggiose.
La cittadinanza attiva non è un’invenzione pre-elettorale, non è controllabile. Presenta proposte, chiede risposte, valuta i risultati. Le proposte sono quelle contenute nei cinque referendum. Le risposte? Qualche domenica a piedi?