Il presidente Obama ha messo in guardia dal “saltare a facili conclusioni” e si è persino rifiutato di definire le due esplosioni come “un atto di terrorismo”. La prudenza di Washington si giustifica con lo stato delle indagini, che sono state prese in carico dall’Fbi e che non hanno ancora imboccato una direzione precisa
Un “cordone di prudenza”. Mentre la polizia chiudeva il km 26 della maratona di Boston con nastri e transenne – per assistere i familiari delle vittime delle esplosioni e far partire le indagini – la Casa Bianca veniva circondata da quello che i giornalisti americani hanno definito appunto “un cordone di prudenza”. “Prenderemo i responsabili”, ha detto Obama. Ma il presidente ha anche messo in guardia dal “saltare a facili conclusioni” e si è persino rifiutato di definire le due esplosioni come “un atto di terrorismo”. Dopo qualche minuto, un funzionario ha precisato la posizione della Casa Bianca: “Ogni atto che preveda multiple esplosioni – ha detto – è chiaramente un atto di terrore… In ogni modo, non sappiamo chi sia l’autore di questo attacco. Un’investigazione completa e accurata dovrà determinare se è stato condotto da un gruppo terrorista straniero o americano”.
La prudenza di Washington si giustifica con lo stato delle indagini, che sono state prese in carico dall’FBI, come annunciato dall’”agente speciale” dell’ufficio di Boston, Richard DesLauriers, con la collaborazione del dipartimento che si occupa di esplosivi della Marina degli Stati Uniti. Al momento si sa molto poco, se non che due ordigni sono esplosi e altri due sarebbero stati disinnescati. Secondo quanto riferito da fonti di polizia a CNN, e questo è al momento l’unico spiraglio sulle indagini, gli investigatori sarebbero sulle tracce di un uomo “nero o con la pelle scura”, con un accento straniero, che sarebbe stato visto con uno zaino mentre cercava di entrare in un’area riservata, cinque minuti prima della prima esplosione.
Notizie come queste non vengono confermate da FBI e polizia, che temono lo scatenarsi di un “effetto 11 settembre” contro musulmani e cittadini dei Paesi arabi e africani. Proprio la polizia fa notare che la data di ieri ha riferimenti importanti per la destra radicale americana. Il 15 aprile era la scadenza ultima per completare la dichiarazione dei redditi. Ma il 15 aprile è anche il Patriots’ Day, in Massachusetts, il giorno che ricorda le battaglie di Lexington e Concord, le prime della Rivoluzione americana. Il 19 aprile è inoltre l’anniversario della bomba all’ufficio federale di Oklahoma City, nel 1995, il più distruttivo episodio di terrorismo condotto sul suolo americano prima dell’11 settembre, che fece 168 morti e che fu progettato e realizzato da Timothy McVeigh, veterano della prima guerra del Golfo e simpatizzante delle milizie anti-governative.
E’ comunque vero che, nelle ore immediatamente successive le due esplosioni di Boston, gran parte dei media e degli osservatori hanno diretto la loro attenzione sul terrorismo islamico. Ny Post e CBS-TV hanno rivelato che un saudita, ricoverato in un ospedale di Boston con una ferita alla gamba, sarebbe stato “in stato di arresto”. La notizia è stata poco dopo smentita dalla polizia, che ha confermato la presenza di un saudita tra i feriti ma ha negato che l’uomo sia “sotto sorveglianza”. La storia del saudita, offerta all’opinione pubblica senza una sola fonte o conferma ufficiale, ha però immediatamente scatenato le file della destra più islamofobica americana. La blogger Pamela Geller, su Fox News e poi sul suo account twitter, ha accusato la “Jihad in America” per l’attacco di Boston, parlando addirittura di “12 morti” sul luogo della maratona.
Bryan Fischer, direttore dell’”American Family Association” e nemico storico dei matrimoni gay, ha sempre sul suo account Twitter scritto: “NBC dice che il sospetto è uno studente con visto. Qualcuno vuole ripensare la politica di immigrazione dei musulmani in America?”. Il riferimento, chiaro, è alla nuova legge sull’immigrazone che proprio oggi dovrebbe essere presentata al Senato. C’è stato anche chi, come Neil Munro, corrispondente dalla Casa Bianca per “The Daily Caller”, ha spiegato che “gli Stati Uniti hanno avuto una tragica esperienza con i jihadisti sauditi” e ha persino parlato di possibili restrizioni per limitare l’accesso al territorio americano dei cittadini dell’Arabia Saudita.
A poco sono quindi valsi, per ora, gli appelli alla prudenza di chi ricorda che, nelle ore immediatamente successive all’attentato di Oklahoma City, CNN identificò quattro cittadini arabo-americani come responsabili dell’attacco. La notizia scatenò una fortissima e immediata reazione di pregiudizio antislamico, per rivelarsi completamente infondata qualche ora dopo. E’ proprio per evitare ricadute di questo tipo che immediatamente dopo le bombe di Boston tutti i principali gruppi musulmani degli Stati Uniti hanno emesso comunicati di condanna, cosa che nessun altro gruppo etnico o religioso è tenuto a fare. “I musulmani americani, come gli americani di qualsiasi provenienza, condannano nella maniera più ferma l’attacco codardo a partecipanti e spettatori della maratona di Boston”, ha scritto Nihad Awad, direttore esecutivo di CAIR (Council on American-Islamic Relations).
Vale la pena di notare che, in queste ore, insieme alle ipotesi di un attentato di matrice islamica, si sono immediatamente diffuse teorie complottistiche che vedono nel governo federale il responsabile dell’attacco. Tra queste, ha preso piede l’ipotesi di Alex Jones, conduttore radiofonico, documentarista, uno dei nomi più noti del pensiero anti-governativo e conservatore americano. Jones ha spiegato, sempre attraverso un tweet, che l’FBI “è dietro ogni complotto terroristico americano” e che l’attentato di Boston potrebbe essere un modo escogitato dal governo per sottoporre nel futuro ogni evento sportivo al controllo della Transportation Security Administration. La tesi di un “inside job”, di un atto perpetrato dal governo stesso per ampliare i propri poteri, è stata tra l’altro rilanciata in queste ore anche da personaggi di un certo peso politico, come l’ex-deputata democratica Cynthia McKinney. Un fiume di ipotesi, teorie, accuse che si è profilato nelle ore immediatamente successive le bombe di Boston, e che deve aver consigliato il “cordone di prudenza” attorno cui si è chiusa l’amministrazione americana.