Secondo l'organizzazione degli imprenditori si tratta di un evento "senza precedenti nel dopoguerra": un terzo delle aziende "ha liquidità insufficiente rispetto alle esigenze operative", mentre lo Stato italiano ha il triste primato in Europa di essere il peggiore a saldare i debiti
Un evento “senza precedenti nel dopoguerra“: i fallimenti delle imprese sono “raddoppiati in cinque anni”, le banche sono “sempre più selettive nel concedere i prestiti” e un terzo delle imprese “ha liquidità insufficiente rispetto alle esigenze operative”. Mentre lo Stato italiano ha il triste primato in Europa di essere il peggiore a saldare i debiti nei confronti delle aziende private. Confindustria è tornata sul tema dell’insolvenza della pubblica amministrazione, dichiarando che “l’Italia è in emergenza di liquidità” ed “è in corso la terza ondata di credit-crunch (stretta sul credito), dopo quelle del 2007-2009 e quella del 2011-2012″.
L’intervento dell’organizzazione degli imprenditori italiani sembra riprendere le parole di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, che ieri ha avvertito: “Se le banche in alcuni Paesi non prestano a tassi ragionevoli, le conseguenze per l’Eurozona saranno gravi”. Non solo. L’ex numero uno di Bankitalia, intervenendo oggi al Parlamento europeo, ha detto inoltre che “è della massima importanza” finalizzare la legislazione sulla supervisione bancaria prima dell’estate, perché entri in vigore nel 2014.
La cosa certa, per ora, è che la situazione attuale non è più sostenibile. “I prestiti alle imprese sono in caduta da più di un anno e mezzo”, ha detto il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci. “Lo stock erogato si è ridotto di 47 miliardi e la scarsità di fondi contribuisce all’aumento dei fallimenti delle imprese, che sono stati 3.596 nel quarto trimestre 2012 contro i circa 1.800 nel quarto trimestre del 2007″, ha aggiunto commentando il decreto legge approvato settimana scorsa dal Consiglio dei ministri per saldare nei prossimi anni solo una parte dei debiti, 40 miliardi, su un totale che – secondo Confindustria – ammonta a “circa 91 miliardi di euro alla fine del 2011, poco meno del 6 per cento del Pil”.
Una cifra che, ha detto Panucci in audizione alla Camera sul decreto, “non ha eguali in Europa: è una volta e mezzo i debiti commerciali della pubblica amministrazione in Francia, quasi tre volte il Portogallo, oltre quattro volte la Spagna e quasi cinque quelli della Grecia“. Il direttore generale di Confindustria avverte invece che “con l’immediata liquidazione di 48 miliardi si genererebbero in tre anni 10 miliardi di investimenti aggiuntivi delle imprese che farebbero aumentare il livello del Pil, dopo tre anni di circa l’1 per cento”.
Ma il decreto che è stato approvato “è complesso e le procedure sono troppo articolate, con il ricorso a numerosi provvedimenti di attuazione e con la necessità di un coordinamento tra Stato, regioni ed enti locali che non si preannuncia facile”. Panucci propone quindi di procedere “con la massima rapidità nella conversione del decreto legge” per lo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione. Secondo il direttore generale occorre provvedere “in tempi rapidi” anche se in questo modo vengono “penalizzati miglioramenti testuali del decreto”.
L’intervento di Confindustria non è piaciuto a Guido Barilla, presidente dell’omonima società, che durante la celebrazione dei 100 anni di Pietro Barilla all’Università Bocconi di Milano ha avvertito: “Sono perplesso: dire che adesso il tempo è scaduto fa ridere, il tempo è scaduto 5 anni fa”. E ha aggiunto: “Il problema non è Squinzi, una brava persona, ma l’istituzione di per sé che è identica a tutte le altre istituzioni. Il tempo è scaduto anche per Confindustria“.