La guida l’hai comprata tre mesi fa perché “stavolta mi preparo per tempo, mica come al solito”. E infatti le prime pagine le leggi mentre sei in fila per l’imbarco e l’ineffabile addetta della Ryanair si aggira minacciosa tra i passeggeri in partenza da Orio al Serio brandendo il suo inflessibile carrello misura-valigie. Sali la scaletta dell’aereo salutando l’autunno lombardo d’aprile e ti metti comodo: hai un’ora mezza di volo per capire dove stai andando. Il programma dice Budapest e saltando da un paragrafo all’altro del tuo libretto quello che riesci a ricavare è che ti attende una città ricca di passato, o meglio di passati: dalle origini a un medioevo feudale che l’ha condotta dapprima verso l’occupazione ottomana e quindi a secoli scanditi dal controllo imperiale e da periodiche lotte per l’indipendenza, fino a un XX secolo che ha visto insediarsi governi dispostici di vario colore e, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la lunga dittatura comunista terminata con la caduta del muro di Berlino. Pure adesso il governo di ultradestra nazionalista al potere sembra avere un concetto tutto suo della libertà, ma dal tuo osservatorio privilegiato di turista dell’(ancora) ricco Occidente non è che tu ti accorga di granché.
Prima di lasciare la valigia in albergo e dedicarti alla visita della città devi superare una prova di abilità: l’aggiramento degli arcigni controllori della metropolitana. Sono tanti, sono ovunque e hanno una faccia poco simpatica: il consiglio è perciò quello di farsi un bel biglietto della durata di 24 o 72 ore, anche perché per il tuo viaggio “mordi e fuggi” muoverti sottoterra sarà fondamentale. Il primo posto dove andare non lo decidi tu, ti viene incontro lui: ti scegli uno dei ponti sul maestoso corso del Danubio dal quale ammirare le due parti nelle quali questo fiume divide la città: da un lato Pest, con la sua collina e il Palazzo Reale, e dall’altro Buda, dove non è possibile non notare la sagoma della Basilica di Santo Stefano e del monumentale Parlamento. Il primo pasto magiaro è all’insegna dello “street food”: mercatino di Vorosmarty Ter, resisti a fatica a salsicce di ogni tipo e ti butti sui langos, involtini di pasta fritti ripieni nella versione più semplice di solo formaggio e panna acida (scoprirai che si tratta di un ingrediente praticamente immancabile) ai quali possono essere aggiunti anche cetrioli, prosciutto cotto, bacon e cipolla. Promossi, e te la cavi pure a buon mercato, circa 1200 fiorini (un euro ne vale più o meno 300, tranne all’aeroporto dove misteriosamente cercano di cambiartelo a meno di 240 per darti il benvenuto), perciò decidi immediatamente di rimediare a questa scelta intelligente gustandoti dessert e caffè nella tipica (e costosissima) pasticceria Gerbeaud, dove in un ambiente ostentatamente elegante ti propongono una Dobos torta, dolce con vari strati di una sorta di pan di ripieno di una crema di cioccolato e burro, ricoperto di zucchero caramellato, meno irrinunciabile del previsto.
Riparti rapido perché sai di avere poco tempo (a Budapest tutto tende a chiudere un po’ presto) e saltando sul tram 2 che costeggia la riva del fiume raggiungi il Parlamento, caratterizzato da una commistione di stili architettonici e da sale interne sontuosamente decorate, e da lì ti perdi nelle vie più centrali costeggiando l’Opera, la Basilica di Santo Stefano, con all’interno la veneratissima mano del Santo e una delle più grandi sinagoghe d’Europa che ospita anche un museo e un toccante monumento alle vittime della Shoah. Mentre con la sera scende anche la temperatura decidi che è il momento di pensare alla cena: opti per il Kantin, ristorantino con un ricercato stile solo apparentemente non-finito e un’ottima offerta per turisti (2.500 fiorini per un pasto completo, vino escluso). Apri il tuo primo menù magiaro, capendo subito che non è un Paese per vegetariani, parti sicuro ordinando il gulasch e rimani un po’ perplesso quando ti presentano una zuppa (portata con la quale gli ungheresi amano iniziare i loro pasti); ebbene sì, come scoprirai subito dopo, per avere lo spezzatino stufato che desideravi devi chiedere invece il porkolt, che viene accompagnato da piccoli gnocchetti che possono essere bolliti o croccanti. Per il vino vai su un rosso corposo di Villany, rinomata terra di vigne ungheresi, e capisci subito che il nome te lo devi ricordare. La tua cena si chiude con un’altra specialità: lo strudel; scarti quello al formaggio per assaporare la versione ai frutti di bosco e non te ne penti. Finale di serata con camminata su Andrassy Ut, vialone che ospitava il tuo ristorante ed è una delle passeggiate simbolo di Budapest. La strada lunga e sempre dritta ti porta fino alla Piazza degli Eroi con al centro una colonna sormontata dalla statua dell’arcangelo Gabriele e alle spalle un porticato con i più gloriosi condottieri ungheresi: imponente, certo, ma non proprio memorabile.
Nonostante questo la stessa piazza è anche il tuo punto di partenza per il secondo giorno, e ci arrivi di buon mattino. Il tuo obiettivo è il vicino parco che ospita i “Bagni Szechenyi”, uno (non il più affascinante, forse) dei numerosi stabilimenti termali della città dove puoi dedicarti a una delle attività tipiche del posto: “passare le acque”. Più di dieci vasche a diverse temperature collocate all’interno e all’esterno di un complesso di grandi dimensioni. Un’ora e mezza e sei di nuovo fuori, ridiscendi Andrassy Ut fino all’unico museo segnato in rosso per il tuo week-end: la “Casa del Terrore”, ambientata nell’antica sede dell’AVH, la temutissima polizia segreta. Una comodissima guida in italiano ti conduce tra gli orrori della “doppia occupazione”, quella fascista e quella stalinista, che parevano avere idee singolarmente affini su come controllare la popolazione. La ricostruzione delle prigioni nel piano sotterraneo ti convince definitivamente che la citazione del poeta Sandor Petofi incisa sul monumento all’ingresso (“Shall we live as slaves or free men?”) sia quanto di più tristemente azzeccato. L’appetito ti è un po’ passato, perciò per pranzo ti limiti a un panino col rinomatissimo salame ungherese e poi raggiungi il ponte Elisabetta e punti diretto verso Pest, l’altra riva del Danubio. Ti inerpichi dapprima sulla collina Gellert passando accanto alla statua di San Gerardo e raggiungendo uno dei punti panoramici più suggestivi di Budapest che ospita il monumento alla libertà, rappresentata da una donna con una fronda di palma, e una non spettacolare cittadella fortificata, e quindi sulla vicina altura con l’immenso Palazzo Reale, contenente anche diversi musei, ma soprattutto la splendida città vecchia, sospesa nel tempo tra stradine, chiese e case dall’architettura e dai colori mai banali. La stanchezza ti vince e scendi di quota con la funicolare per poi pianificare la tua ultima cena in terra magiara che hai deciso di dedicare ad altre due glorie della gastronomia locale. Perciò, dopo l’immancabile zuppa, è il momento della paprika (ne potete trovare di ogni tipo e intensità di sapore), che arricchisce delicatamente insieme alla panna acida una tenerissima carne di pollo, e di un calice di Tokaj che accompagnando con la sua nota fortemente amabile lo strudel numero due del tuo fine settimana scrive dolcemente la parola fine al tuo soggiorno.