Militari della Guardia di Finanza hanno perquisito a Milano la sede Ispo, l’istituto di sondaggi di Renato Mannheimer. Che è indagato, insieme ad altre cinque persone, per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Secondo l’ipotesi di inquirenti e investigatori, l’evasione complessiva sarebbe di circa 7 milioni: 5,4 relativa a imposte dirette e 1,6 relativa all’Iva. Nell’indagine sono coinvolte tre società con base a Tunisi. L’inchiesta con al centro l’istituto di sondaggi è lo sviluppo di una indagine nata da una segnalazione di operazioni sospette, avvenuta nel 2010, presso lo Studio di Commercialisti Merlo, che un tempo aveva come cliente Renato Mannheimer e l’Ispo.

Nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal pm di Milano Adriano Scudieri sono in corso una serie di accertamenti di carattere fiscale relativi agli ultimi 4-5 anni. La vicenda per cui lo stesso Mannheimer è indagato con altre cinque persone riguarda un presunto giro di fatture false per eludere il fisco. Le società italiane ed estere di professionisti coinvolte, compresa l’Ispo, sono sei. I militari del Nucleo Valutario della Guardia di Finanza di Milano, oltre alla sede dell’istituto noto per i sondaggi, hanno fatto visita ad altre sette sedi tra cui l’abitazione dello stesso Mannheimer e lo studio commerciale Merlo. Secondo la ricostruzione degli inquirenti e degli investigatori, l’evasione ipotizzata sarebbe stata resa possibile attraverso un giro molto più ampio di fatture false.

Tra i reati ipotizzati dalla procura di Milano, oltre alla frode fiscale, c’è il riciclaggio, ma quest’ultimo addebito non riguarda Mannheimer. “Non ne so nulla, non ho mai compiuto alcun reato in tutta la vita”, ha dichiarato il sondaggista, dopo avere appreso della perquisizione.

Secondo la ricostruzione del pm Scuderi e della Guardia di Finanza, l’Ispo, sui sondaggi realmente effettuati, tramite l’intermediazione dei professionisti italiani, avrebbe dato il compito di emettere fatture a tre società con sede a Tunisi, le quali a loro volta, avrebbero poi girato il denaro incassato su conti di altre società con sede in Svizzera e a Lussemburgo riconducibili a Mannheimer. Le società tunisine, inoltre, avrebbero trattenuto una percentuale sul presunto servizio illecito reso. Secondo quanto emerge dal decreto di perquisizione, tale meccanismo avrebbe consentito al professore-sondaggista “rilevanti e indebiti risparmi fiscali“. Dagli accertamenti il sistema architettato, questa è l’ipotesi, sarebbe in sostanza servito per abbattere i ricavi dell’Ispo e quindi, per pagare meno tasse.

“Non ho nulla da dire”. Renato Mannheimer ha commentato così l’inchiesta della procura di Milano che lo vede indagato. “Ho fiducia nell’operato della Guardia di finanza e della magistratura”, ha aggiunto, spiegando che i suoi uffici sono stati perquisiti e che gli uomini della Gdf hanno acquisito dei documenti.

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