Si inizia alle dieci di mattina, quando nell’aula di Montecitorio prenderanno posto i 1007 grandi elettori delle Camere riunite in seduta comune. Saranno loro ad eleggere il nuovo presidente della Repubblica, il dodicesimo se si conta Enrico De Nicola, primo “capo provvisorio dello Stato” dell’Italia del secondo dopoguerra.
“Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e politici” (art. 84 della Costituzione).
I grandi elettori sono i 630 deputati, i 315 senatori (cui si aggiungono i senatori a vita Mario Monti, Giulio Andreotti, Carlo Azeglio Ciampi ed Emilio Colombo) e i 58 delegati scelti dalle Regioni (tre per ognuna, salvo la Val d’Aosta che ne conta uno soltanto).
“All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta ha un solo delegato”. (art. 83 della Costituzione, prima parte).
A presiedere l’aula sarà Laura Boldrini, presidente di Montecitorio, assieme all’intero ufficio di presidenza della Camera.
“Il Presidente e l’Ufficio di Presidenza del Parlamento in seduta comune sono quelli della Camera dei deputati” (art. 63 della Costituzione).
L’elezione è a scrutinio segreto. Vale a dire che gli elettori passeranno uno per uno dietro il “catafalco” inaugurato per l’elezione di Oscar Luigi Scalfaro, scriveranno su un foglio la propria preferenza (la preferenza può essere una soltanto, pena l’annullamento del voto), e poi collocheranno il biglietto nella cesta di vimini (è chiamata “l’insalatiera”) posta sotto la presidenza. Una volta terminata la chiama, il presidente leggerà i nominativi usciti dall’urna. L’intera operazione può durare tra le quattro e le cinque ore. Per questo in calendario sono fissate due votazioni ogni giorno. Una mattutina e l’altra pomeridiana.
Nei primi tre scrutini è richiesta la maggioranza di due terzi della assemblea (672 voti); dal quarto è sufficiente la maggioranza assoluta (la metà dell’assemblea più uno, vale a dire 504 voti).
“L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta”. (art. 83 della Costituzione, seconda parte).
Dal punto di vista numerico le forze politiche sono così divise.
Il centrosinistra conta 495 elettori (436 Pd, 47 Sel e 12 da gruppi minori). Vale a dire che, dopo il terzo scrutinio, gli basterebbero in teoria altri 9 voti per eleggere il “proprio” Presidente della Repubblica.
Il centrodestra conta 268 elettori (219 Pdl, 39 Lega Nord e 10 da gruppi minori).
Il Movimento Cinque Stelle conta 164 elettori (la senatrice dimissionaria Giovanna Mangili, che ha visto due volte respinte dall’aula le proprie dimissioni, è tra questi).
Scelta Civica conta 71 elettori (più Mario Monti).
Misto. Sono nove i non allineati che non vengono ricompresi in nessuno degli schieramenti in campo. Tra questi gli eletti all’estero e i senatori a vita (escluso Monti).
I franchi tiratori
Il voto segreto permette la presenza di franchi tiratori, vale a dire di votanti che non rispondono alle indicazioni del proprio gruppo politico di appartenenza. I franchi tiratori sono particolarmente presenti nelle assemblee delle Camere riunite (quelle per eleggere i giudici costituzionali e i membri del Csm di spettanza parlamentare).
I tempi
Quanto ci vuole per eleggere un presidente della Repubblica? Il sistema di voto non è stringente come quello per la presidenza del Senato (dove, dopo il terzo scrutinio, si procede per maggioranza semplice tra i due più votati). Può quindi chiudersi al primo giorno (seccusse per Ciampi e Cossiga), al secondo (Napolitano e prima di lui Gronchi ed Einaudi furono eletti alla quarta votazione), o protrarsi per giorni. Segni fu eletto al nono scrutinio, Pertini e Scalfaro al sedicesimo, Saragat al ventunesimo e Leone al ventitreesimo (nella vigilia di Natale del 1971). La Camera intanto ha messo in calendario le due sedute giornaliere e la possibilità che si voti anche di sabato e di domenica.
Il Giuramento
Una volta eletto, il presidente presta giuramento. Quando in aula giura con la formula di rito: “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione” dalla torre dell’orologio di Montecitorio suonano le campane e i cannoni del Gianicolo sparano 21 colpi a salve. Dopo il primo discorso alle Camere riunite, il neo presidente va al Vittoriano, infine sale al Colle a bordo della Lancia Flaminia, scortato da corazzieri a cavallo e motociclisti. Giunto al Quirinale riceve gli onori nel cortile, poi, nel Salone dei Corazzieri, il vecchio (e se vuole anche il nuovo) presidente tiene un discorso di saluti.
“Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune”. (Articolo 91 della Costituzione)