Lei è l’inflessibile direttore generale del Fondo monetario internazionale. Fustigatrice del debito pubblico fuori controllo di tanti Paesi in tutto il mondo (ma quando lei è stata ministro dell’Economia del suo Paese, la Francia, dal 2007 al 2011, il debito pubblico è lievitato, eccome). Lei è una signora elegante, precisa, dall’inglese perfetto (accento americano). Lei si chiama Christine Lagarde e, al di là delle apparenze, potrebbe essere presto incriminata in patria per una brutta e vecchia storia di corruzione.
Il combattivo sito d’informazione Mediapart, che già è stato all’origine della cacciata dal governo attuale del ministro del Bilancio, Jérome Cahuzac, ha pubblicato indiscrezioni secondo le quali madame Lagarde è stata convocata a Parigi dalla Corte di giustizia della Repubblica (Cjr), l’organismo che si occupa a livello giudiziario dei ministri e dei presunti reati commessi da ex ministri, mentre ricoprivano il loro incarico. Cahuzac, socialista. Mentre la Lagarde fu uno dei ministri fedelissimi di Nicolas Sarkozy. Siamo sul fronte opposto, quello conservatore. Ma sempre in mezzo agli scandali.
Facciamo un passo indietro. Proprio alla Lagarde venne affidata la soluzione dell’annosa vertenza Tapie-Adidas. Bernard Tapie, raider e attore, prima vicino ai socialisti e poi diventato consigliere di Sarkozy, rilevò nel 1990 il produttore di scarpe sportive, in gravi difficoltà, con i finanziamenti di Crédit Lyonnais, banca pubblica. Che poi, però, lo scaricò, facendo fallire le società di investimento di Tapie. Lui ha fatto una battaglia per essere risarcito. E la Lagarde, pochi mesi dopo l’elezione di Sarkozy, ormai diventata responsabile del dicastero dell’Economia, decise di passare quella patata bollente dalla giustizia ordinaria alla negoziazione privata (già molto discussa ai tempi e messa in relazione a possibili pressioni dell’allora presidente). Ebbene, l’anno successivo Tapie ottenne un risarcimento record di 403 miliardi. Al netto delle pendenze con il Fisco, il “pirata Bernard” ha intascato la bellezza di 240 milioni. Già sul momento quell’epilogo della vertenza destò sospetti e polemiche. Finché Jean-Louis Nadal, il procuratore generale della Cassazione, chiese alla Cjr di avviare un’inchiesta.
Negli ultimi tempi la situazione è precipitata. Lo scorso 20 marzo il domicilio parigino della Lagarde, che ora vive a Washington, dove ha sede l’Fmi, fu oggetto di perquisizioni da parte della polizia, inviata sul posto dai giudici. Ora, secondo il sito Mediapart, l’ex ministro è stato convocato dalla Corte nella seconda metà di maggio. Ed è a quel momento che la Lagarde potrebbe essere ufficialmente incriminata per “abuso di potere e sottrazione di fondi pubblici”. Sempre secondo quanto riportato dal sito, in genere bene informato, la donna “sarebbe implicata personalmente nella vicenda” e “avrebbe commesso numerose anomalie e irregolarità”: almeno è quanto ritengono i giudici. Lei, dal canto suo, si è sempre giustificata sottolineando che il ricorso all’arbitrato privato doveva servire ad accelerare la soluzione di una storia ormai troppo lunga. A fine marzo il Fondo monetario internazionale ha rinnovato la fiducia nei confronti della francese. Il consiglio di amministrazione dell’organizzazione internazionale era stato informato di questa brutta storia nel luglio 2011, quando venne chiamato a nominare il successore a Dominique Strauss-Kahn, altro francese, altro ex-ministro. E travolto dal noto scandalo.
Al di là della vicenda Tapie-Adidas, la Lagarde ha una buona immagine in patria. A differenza di tanti ex colleghi ministri, soprattutto di destra, non proviene dall’Ena, l’alta scuola di amministrazione francese, alias la catena di montaggio dell’élite patriottica. Ma è una che, da un certo punto di vista, si è fatta da sola, grazie a una formidabile carriera di avvocato d’affari negli Stati Uniti. Solo dopo quell’esperienza ritornò a Parigi, grazie soprattutto all’interesse di Sarkozy. La Lagarde è stata anche campionessa di nuoto sincronizzato e ancora oggi, a 57 anni, si allena ogni giorno in piscina. Una sua eventuale incriminazione, però, potrebbe rovinare la bella favola. E ripercuotersi soprattutto sulla sua immagine a livello internazionale, in una fase così delicata per l’economia mondiale. Dove il direttore generale del Fondo monetario ha altamente bisogno di autorevolezza.