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Boston, giù le mani dal nostro oro!

Dovrei parlare della bomba di Boston,  ma non lo farò per due motivi. Il primo è che non mi fido degl’inquirenti di Boston. Perché stanno emergendo particolari e interrogativi inquietanti circa “preparativi”,  o “eventi”, che hanno preceduto di poco le esplosioni. Secondo la testimonianza di un noto maratoneta, Alistair Stevenson, era in corso un’esercitazione, con cani addestrati per la ricerca di bombe, “prima” che gli eventi divenissero drammatici. E l’esercitazione fu annunciata con altoparlanti. Cosa apparsa anche su Boston Globe tweeted today

La polizia smentisce. Prendiamo atto e,  in attesa di notizie più precise, fermiamoci qui.

Il secondo motivo per cui parlerò d’altro è che sono in corso esplosioni molto più drammatiche. Dio ci guardi da frettolose analogie, ma  ricordo che, pochi giorni prima dell’11 settembre 2001, ci fu chi giocò alla roulette (ops, alla Borsa) di Boston su put options  che concernevano – guarda caso! – proprio  le due compagnie aeree che sarebbero state coinvolte negli attentati alle Torri Gemelle e al Pentagono: la United Airlines a la American Airlines.

Sicuramente una coincidenza, diranno alcuni. Non è escluso. Ma ora è avvenuta una cosa analoga, con l’improvvisa vendita, qualche giorno fa, precisamente il 12 aprile, un venerdì, di 100 tonnellate d’oro e poi, dopo qualche minuto, di altre 200 tonnellate. La qual cosa ha prodotto un crollo del prezzo dell’oro su tutti i mercati mondiali, addirittura fino e ben oltre il 25%.

Si è trattato di vendite di futures, non di metallo. 300 tonnellate equivalgono al 15% delle estrazioni di oro che si realizzano in un anno intero. Una bella botta. Chi ha fatto la speculazione sapeva che non sarebbe stato facile pararla. Ma scoprire chi l’ha fatta sarà più difficile che scoprire chi ha messo le bombe di Boston. Ovvio che quelli che se ne intendono hanno capito il messaggio e sono corsi a comprare oro metallico (non carta). Infatti era chiaro a loro che l’operazione speculativa serviva a far calare il prezzo dell’oro per permettere agli speculatori di comprare l’oro metallico a prezzi stracciati e poi attendere il tempo necessario per una formidabile rivalutazione dello stesso oro.

Secondo una fonte insospettabile come quella di Paul Craig Roberts, ex vice-capo al Tesoro, repubblicano, con Ronald Reagan, certi dealers autorizzati di oro hanno ricevuto richieste di acquisti 50 volte superiori alle offerte di vendita.

Solo che ci sono macchine che si bloccano quando fa comodo. Si chiamano margin call. E funzionano quando fa comodo a chi ha leve più potenti. Vuoi comprare? Ma gli sportelli sono chiusi: tutto fermo fino a nuovo ordine. Saranno “loro” a comprare, solo “loro”.

Ma chi è stato? Voci, solo voci, dicono che sarebbe stata la stessa Federal Reserve a gettare l’allarme, inducendo i brokers a “alleggerire” le loro posizioni auree in carta. Prove non ne avremo però, perché chi le trovasse si troverebbe presto a mal partito. Certe cose, anche se si sanno, è bene non pubblicarle. E i giornalisti economici sono molto, molto prudenti.

Ma possiamo sempre farci qualche domanda. Chi è interessato in questo momento a fare ribassare il metallo prezioso? In primo luogo chi, stampando dollari a iosa (quantitative easing), vuole mantenere alta la loro appetibilità proprio mentre il dollaro si svaluta e mentre gl’investitori corrono verso l’oro. Insomma hanno sbarrato la strada verso l’oro.

A questo punto si tratta di vedere se la tempesta così scatenata si allargherà ad altri futures, ad altri derivati cioè. Se così fosse, che Dio ce la mandi buona. E, purtroppo, tutto lascia pensare che gli apprendisti stregoni – gli stessi che, Ben Bernanke in testa, e Obama al seguito, stanno giocando col fuoco-stiano con l’acqua alla gola.

Questa è infatti una risposta estrema alla mossa del premier giapponese Abe che, proprio qualche giorno prima aveva annunciato la decisione giapponese di raddoppiare la massa monetaria degli yen da qui al dicembre 2014. Come dire a Washington: lo fate voi? Ebbene, lo facciamo anche noi. Del resto, questa pare essere  proprio la strategia che i  masters of universe  stanno imponendo a tutti quelli che possono cascarci. George Soros ha infatti suggerito seccamente all’Europa di emettere eurobonds (altra forma di quantitative easing).  Ma la Germania non ci sta. E allora Soros propone alla Germania (minaccia?), per il suo bene, di uscire dall’euro.

Andrà così? Mi pare difficile. Ma una cosa che mi fa pensare male è l’esempio di Cipro. Mentre il mondo annega nel denaro virtuale (e vedremo se i cinesi, che hanno in cassaforte trilioni di dollari di certificati del debito americano, se ne staranno con le mani in mano) i creditori americani e europei continuano a esigere i pagamenti dei debiti sovrani secondo le regole di quest’Europa di rapina. E, in mancanza d’altro, esigeranno oro. L’hanno fatto con Cipro, potrebbero farlo con noi.  E’ più facile arraffare lingotti che impostare privatizzazioni complicate di beni pubblici. E’ più facile trasportare oro che privatizzare il Colosseo.

Così si spiega la repentina attenzione mondiale sulle riserve auree.  Così si spiegherebbe l’improvvisa decisione tedesca (a gennaio) di riavere le tonnellate d’oro che sono depositate  a Fort Knox (45% delle sue riserve) , in Gran Bretagna (13%) e in Francia (11%) . Insomma Berlino non si fida della tenuta del dollaro. Ecco perché vuole il suo oro.

E l’Italia? Noi abbiamo 2452 tonnellate nel caveau della Banca d’Italia, a Roma. All’incirca, al valore attuale, pari a 109 miliardi di euro. A quanto pare ne abbiamo anche a New York, Londra e Basilea, ma quante siano fuori dai confini non è facile sapere perché neanche la Banca d’Italia lo dice. In più  abbiamo ( in Italia) 60 tonnellate di oro che sono di proprietà della Banca Centrale Europea.

Alla luce di quanto sta accadendo dovremmo dire ad alta voce, in anticipo, al futuro governo: non provate, in nessun caso, a toccare quell’oro. Quell’oro è italiano e deve restare a disposizione degli italiani. In caso di emergenza potrà essere utile. E c’è ragione di credere che siamo in situazione di emergenza.  Cipro è a un passo dalla Grecia e a due passi dall’Italia.