Si è spaccato in mille pezzi il Partito Democratico dopo l’annuncio del segretario Pier Luigi Bersani, arrivato alla fine di una turbolenta riunione al Teatro Capranica di Roma: candidiamo Franco Marini a Presidente della Repubblica. Mille pezzi quanti sono i volti di coloro che, in seguito alla “sorpresa”, sono insorti contro una decisione “inspiegabile”, “inaccettabile”, “incondivisibile”. In Emilia Romagna, cuore pulsante del Pd, c’è chi si è messo le mani nei capelli, incredulo, e ha detto che Marini “non lo voterà”. Che il “nome condiviso”, individuato in concerto con il Pdl in seguito a un colloquio tra Bersani e Silvio Berlusconi, porterà “definitivamente alla morte il partito e la sua coalizione”. Che chi è ammutolito, e quasi spera si tratti di un bluff da giocatore di poker. “Marini no” scrivono gli elettori del Pd sui social network, “vogliamo Rodotà”, “Bersani ci ha preso in giro”.
L’annuncio è stato un fulmine a ciel sereno anche per la dirigenza locale del Partito Democratico, che ha reagito alla notizia appellandosi direttamente agli eletti, seduti in aula per votare. “Fermatevi” ha chiesto a gran voce Stefano Bonaccini, segretario regionale del Partito Democratico, prima che iniziassero le votazioni, “vi prego fermatevi” gli ha fatto eco Raffaele Donini, numero uno del Pd sotto le Due Torri. Un invito ripreso dalla base emiliano romagnola, sgomenta dopo l’annuncio del nome da indicare per il dopo Napolitano, furiosa “contro un partito che non ascolta la gente, che non ascolta i suoi elettori. Ma il Pd siamo noi, e devono capirlo” scrive qualcuno su Facebook, mentre si susseguono sul web i messaggi provenienti dalle segreterie locali di tutta Italia, e nessuno di questi è a favore della posizione espressa da Bersani.
In una nota congiunta, stamane i ‘grandi elettori’ modenesi hanno dichiarato di aver votato scheda bianca alla prima chiamata, e di essere pronti a rifarlo. Il senatore renziano Stefano Vaccari, la giovanissima Giuditta Pini, la presidente dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna Palma Costi, succeduta al deputato Matteo Richetti. E ancora Davide Baruffi, Carlo Galli, Manuela Ghizzoni, Maria Cecilia Guerra, Cécile Kyenge, Edoardo Patriarca. “Non abbiamo riserve sulle qualità personali di Marini la cui storia politica e il trascorso sindacale lo caratterizzano come figura di assoluto prestigio – spiegano gli eletti – tuttavia questa candidatura non risulta in grado di interpretare quel sentimento di cambiamento emerso con tanta forza dalle recenti elezioni politiche, e la sua elezione archivierebbe di fatto l’ipotesi di un governo di cambiamento finora invocato e ricercato dal Pd”. L’astensione, per quanto “sofferta”, esprime quindi la volontà di “non mostrarsi sordi o peggio indifferenti” alle richieste del popolo italiano, che alle urne, a febbraio, ha dimostrato di volere un cambiamento profondo nella politica nazionale.
“Esprimo grande preoccupazione per la situazione che Bersani ed i suoi hanno creato: spero che molti parlamentari del Partito Democratico si rifiutino di votare Franco Marini – scrive su Facebook Amelia Frascaroli, ex candidata alle primarie del centrosinistra per Sinistra Ecologia libertà e assessore al Welfare del Comune di Bologna – Ieri sera, con la scelta di Marini (scelta che spero venga superata dai fatti) Bersani ha deciso di portare definitivamente a morte il Pd (e la sua coalizione). Vedremo nelle prossime ore cosa succederà, ma ancora una volta si può dire che il peggior nemico del centrosinistra siano i suoi dirigenti”. Per una volta, ha aggiunto Frascaroli, “sono d’accordo con Matteo Renzi”. Che al termine della riunione parlamentare a Roma, ieri sera, se n’è andato infuriato per la decisione del segretario Bersani, giudicandola “un dispetto per il paese” e invitando, chi non fosse d’accordo, a “non votare Marini”.
Contrari i renziani, quindi, con Richetti capofila che lapidario, su Facebook scrive: “Ho votato contro la proposta di Franco Marini. Non andava nemmeno proposto per rispetto a lui”. Contrari i prodiani, che auspicavano venisse fuori il nome dell’ex premier Romano Prodi invece di quello dell’ex numero uno della Cisl, ministro del Lavoro durante il governo Andreotti. “Voterò scheda bianca – ha detto Sandra Zampa – Si sgomberi il campo da proposte come Marini, poi si potrà ragionare”. Contrari anche gli ultimi arrivati tra le fila dei parlamentari democratici: il senatore Sergio Lo Giudice, ex capogruppo Pd del Comune di Bologna, che Marini non l’ha votato, e anzi spera che “prevalga il buonsenso fra i grandi elettori, non fermiamo il cambiamento”; il senatore Andrea De Maria, “preoccupato” per la direzione presa da Bersani, ma soprattutto per “la lacerazione che si sta creando sul territorio, nel Pd, nel centrosinistra”.
Una lacerazione che, alle prossime elezioni, potrebbe facilmente tradursi in un’ecatombe per i democratici. “Non vi votiamo più” gridava la folla radunata davanti a Teatro Capranica, non appena si è diffusa la notizia sul nome scelto dai dirigenti riuniti in assemblea, “non vi votiamo più” scrivono anche i più fedeli militanti, oggi sgomenti e delusi davanti “a una promessa di cambiamento iniziata con la nomina di Boldrini e Grasso e tradita con la scelta di Marini”.