“E adesso che cosa ci faranno?”. Era questa la domanda paradossale con la quale ci siamo lasciati la scorsa volta, riferendoci all’inesorabile (a maggior ragione in quanto inconscia) capacità del Pd di azzerare la speranza dei suoi elettori (per sempre ex, nel mio caso).
Una campagna elettorale trascorsa a suggerire gag a Maurizio Crozza, a ridere del piazzismo televisivo di Silvio Berlusconi che prometteva rimborsi e mountain bike col cambio Shimano, e a sottovalutare l’erosione verso i Cinque Stelle di una fetta dei propri elettori.
Il Pd non capiva nulla. Nulla della sua gente, di ciò che spera, della vita che sogna e del suo dolore. Come una fidanzata che, vedendoti sanguinare, ti tira una secchiata di benzina e ti dice “ti trovo pallido, vai alla luce, prendi un po’ di sole…”. Le prime settimane post elezioni le hanno trascorse in ginocchio davanti ai grillini che, più o meno quotidianamente, li coprivano di quella dose di insulti/ridicolo che per il solo fatto di averla tollerata, evidentemente meritavano.
Dopo i grillini è arrivato il momento di Berlusconi, ora è lui il vero “capo” del Pd, lui sceglie chi va al Colle e chi andrà al governo, e il Pd, mansueto, annuisce perché si vede che Silvio, almeno, fa sceglier loro le trattorie.
Non è bastato tentare di buttare nelle sabbie mobili il nome dell’unico uomo che per due volte ha battuto Berlusconi, (Romano Prodi, che al momento in cui scriviamo sembra riaffacciarsi come candidato al colle, anche grazie a Matteo Renzi). Il PD poteva vincere lo stesso. Si è infatti trovato davanti un nuovo “imprevisto” che gli avrebbe consentito di recuperare il rispetto dei suoi elettori; una volta di più, la strada verso la vittoria era spianata; votare Stefano Rodotà, e poi attendere l’arrivo di Renzi col quale avrebbe stravinto le elezioni.
La situazione è talmente facile e vincente da risultare disperata. Niente paura però, qua non si vince e Bersani dice di avere “un asso della manica”, a quel punto è chiaro che per la Caporetto è solo questione di ore. Sembrava Mattarella, poi è sbucato Marini. Berlusconi gongola, incredulo della facilità con la quale i suoi supposti rivali, si rivelano puntualmente i cockerini più fedeli per la passeggiatina del dopo cena.
La fotografia più impietosa del rapporto fra un elettorato e il suo partito di riferimento è stata scattata l’altra sera, fuori dalla sala dove i grandi elettori del PD fingevano di sceglievano le strategie che Berlusconi, in realtà, aveva loro concesso.
L’onorevole Finocchiaro osserva sbigottita la contestazione dei propri elettori e domanda “Ma cosa vogliono?”. Dovrebbe saperlo dato che ha chiesto loro i voti, eppure lo domanda. La faccenda sta tutta qua. Insomma al PD la linea deve dettarla la sua gente a colpi di tessere bruciate e sezioni presidiate per spiegare ai “vertici” che l’unico motivo per cui li avevano votati era la speranza di liberarsi di Berlusconi e che trovarselo al comando in casa propria oltre che sgomentante è paranormale.
Ma noi abbiamo qualche colpa?
Sono mesi che, forzando volontariamente il reale senso delle cose, non riesco a non usare metafore e soprattutto il paradosso per affrontare – sdrammatizzando – cosa ci sta succedendo. Ieri sera, casualmente, ho rivisto Salò di Pasolini; una storia di folli assassini e di vittime innocenti.
Se nel discorso che stiamo affrontando di assassini non ce ne sono, è anche vero che non tutte le vittime sono innocenti. Credere a chi disattende ciò che ti ha promesso non è una forma di onestà, ma di pigrizia. E la pagano è sempre violenza.
Semplicemente mi ha colpito una sequenza.
C’è questa scena – che ovviamente non usiamo come paragone ma come strumento di paradossale comprensione/spiegazione di uno stato d’animo – di uomini e donne nudi, inermi, inginocchiati (faccia al suolo e culo all’aria) che attendono di capire che ne sarà dei loro stessi sederi. Ho fatto finta che quei sederi in attesa rappresentassero la speranza, e che quella scomoda postura di attesa fosse quella di tanti sostenitori Pd.
Ma è stato quando ho visto il giovane “selezionato” sperare di venir ucciso piuttosto che dover subire nuovi oltraggi o mortificazioni (alla propria speranza) che la battuta di colui che capeggiava il commando mi fatto venire un brivido… “Imbecille, come potevi pensare che ti avremmo ucciso? Non lo sai che noi vorremmo ucciderti mille volte, fino ai limiti dell’eternità, se l’eternità potesse avere dei limiti?”.