“Cerchiamo di trovare un ampio consenso sul nome di Sergio Chiamparino, che potrebbe essere visto bene anche dal Pdl. Ma non abbiamo preclusioni rispetto a Romano Prodi“. Giunto a Roma in serata per concordare le mosse in vista del secondo giorno di scrutini, Renzi ha riunito i propri parlamentari alla tavola di Eataly, dell’amico Oscar Farinetti per cercare la chiave di volta dopo il tramonto della candidatura di Franco Marini, silurata da ogni dove e affondata nello spazio di due scrutini. “Nessun asse”, invece, con Massimo D’Alema (anche se qualcuno ha maliziosamente detto che Renzi non si è esplicitamente esposto contro l’ex segretario Pds). Ecco i due nomi più in auge del momento. Basta scavare appena un po’ più a fondo della superficie del Pd per riscoprire che “la sfida è fra Prodi e D’Alema”, come osserva a Otto e mezzo Pippo Civati, pur ricordando che “in campo ci sono ancora sia Rodotà che Marini”.
Dario Franceschini, intanto, ha già detto ufficialmente a Marini che la sua corsa verso il Colle è finita. “La realtà dei numeri dimostrano che i franchi tiratori sono quelli che hanno votato Marini”, aveva già rilevato con amara ironia Giuseppe Fioroni dopo il primo voto. Date le proteste vigorose giunte da tutta Italia lo stesso Bersani si era rivolto all’ex sindacalista della Cisl augurandosi un ritiro. Il vecchio lupo marsicano ha tenuto duro. Ma la seconda chiama ha dimostrato che sul suo nome “il partito evapora”, come osserva un dirigente di lungo corso. Cosicché Walter Veltroni invita “a non insistere” e a tornare a valutare una rosa “fuori dalle appartenenze politiche”. Mentre Renzi taglia corto che “è evidente che Marini sia saltato”. E ha pure ringraziato quanti hanno fatto il possibile per non farlo eleggere.
Bersani prende dunque atto che serve ”una fase nuova” e occorre cambiare cavallo. “Vedrete che troveremo una soluzione”, assicura il segretario rivolto ai giornalisti. Imputato di aver cercato l’intesa con Silvio Berlusconi su Marini, il segretario rimanda la decisione ai grandi elettori. Dalla riunione del mattino dovrebbe uscire una rosa. Tra i “quirinabili”: Romano Prodi, Massimo D’Alema, Stefano Rodotà, Sergio Mattarella, ma anche Emma Bonino e Sabino Cassese. Un ventaglio ampio, ma che molto probabilmente si riduce a soli due nomi: Prodi e D’Alema, eterni rivali di una lunga stagione politica. A vantaggio di D’Alema giocherebbe di certo il viatico del Cavaliere, che senz’altro lo preferisce al Professore; vero e proprio “incubo” del Pdl, pronto infatti a “siluarlo con Cassese o la Bonino”, come afferma Minzolini. Mentre Prodi, a sua volta, potrebbe pescare tra Sel e i 5 stelle.
La partita, però, è quella interna al Pd, per cui “il Quirinale rappresenta in realtà il terreno dello scontro congressuale”, come osservato da alcuni dirigenti fin dall’inizio della legislatura. E a questo proposito diventa determinante il ruolo del sindaco di Firenze. Renzi non è stato ancora digerito dall’apparato ex Pci, che lo considera quasi un corpo estraneo; ma anche gli ex popolari hanno sul gozzo il sindaco e soprattutto le sue velleità di rottamazione.
In questo quadro è D’Alema che invece ha deciso di farsi avanti a riconoscere l’onore delle armi all’avversario: “E’ intelligente e è una risorsa per il futuro”, sostiene l’ex premier coi suoi aggiungendo una critica esplicita al fatto che Renzi sia stato escluso dal novero dei grandi elettori. L’ex premier ha fatto la prima mossa nei giorni scorsi, quando a Firenze ha incontrato il sindaco. E oggi forse se ne vedono i frutti. Giunto a Roma in serata per concordare le mosse in vista degli scrutini di domani, Renzi ha riunito i propri parlamentari alla tavola di Eataly, dell’amico Oscar Farinetti. “Stanno facendo girare il tam-tam che ci sarebbe un mezzo accordo con noi per votare D’Alema – dice Renzi incontrando i suoi – Io ho negato e ho detto ai giornalisti: se Marini è il fuoco, D’Alema è Belzebù”. Tuttavia il renziano Ermete Realacci si premura di precisare che “Matteo ha criticato Marini non D’Alema”.
Una cosa è certa: “‘Il cavallo ferito va abbattuto per risparmiare tempo e non farlo soffrire”, dicono i renziani. E per il sindaco di Firenze il cavallo è il segretario Bersani. Sempre più isolato e abbandonato anche dai fedelissimi emiliani, il segretario vede allontanarsi la chimera di palazzo Chigi, ma anche la leadrship del Pd, che per altro aveva già dichiarato di voler abbandonare. La discussione congressuale sarà pure rimandata a dopo l’estate, ma è effettivamente sul Quirinale che si va riorganizzando il partito. E il lasciapassare di Renzi nei riguardi di D’Alema viene appunto inteso nel Pd come “la mozione di maggioranza per il congresso”.