La scoperta, annunciata sulla rivista Science, si basa sui dati del telescopio spaziale Kepler deve al gruppo guidato dall’americano William Borucki, del centro di ricerche Ames della Nasa. Sono lontanissimi: distano infatti fra 2.000 e 3.000 anni luce da noi: quindi non sarà possibile studiarli
Nella Via Lattea ci sono ben due ‘sosia’ della Terra e potrebbero ospitare acqua. Sono i pianeti più simili alla Terra mai scoperti e i primi di queste dimensioni trovati nella cosiddetta zona abitabile, dove la distanza dalla stella rende possibile la presenza di acqua e il formarsi della vita. La scoperta, annunciata sulla rivista Science, si basa sui dati del telescopio spaziale Kepler deve al gruppo guidato dall’americano William Borucki, del centro di ricerche Ames della Nasa.
“Il risultato mostra che i pianeti simili alla Terra esistono e che vale la pena continuare a condurre questo tipo di ricerche”, commenta l’astronomo Raffaele Gratton, dell’Osservatorio di Padova dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Scopo ultimo di queste ricerche, prosegue Gratton, è capire se ci sono probabilità che questi sistemi ospitino la vita e magari trovarne le testimonianze. I due pianeti sosia della Terra sono i più esterni di un sistema di cinque mondi extrasolari nato intorno alla stella Kepler-62, che somiglia al Sole e dista fra 2.000 e 3.000 anni luce da noi. Chiamati Kepler-62e e Kepler-62f, hanno raggi rispettivamente pari a 1,61 e 1,41 volte il raggio della Terra. Gli altri tre pianeti dello stesso sistema solare hanno raggi pari a 0,54, 1,31 e 1,95 raggi terrestri, ma sono troppo vicini alla loro stella per avere acqua. Tutti sono stati scoperti grazie alla tecnica dei transiti, che analizza le fluttuazioni nella luminosità di una stella nel momento in cui un pianeta le passa davanti, eclissandola parzialmente.
I due pianeti ricevono dalla stella un flusso di luce simile a quello che Venere e Marte ricevono dal Sole e questo lascia supporre che possano ospitare un’atmosfera e acqua. Basandosi su simulazioni, i ricercatori suggeriscono che entrambi i pianeti potrebbero essere solidi, con una composizione rocciosa o ghiacciata. “Un pianeta roccioso avvolto da un’atmosfera e con fiumi e mari sulla sue superficie sarebbe un Santo Graal per la planetologia extrasolare”, scrive Science commentando la scoperta. Sulla base delle dimensioni e della distanza dalla stella, i ricercatori calcolano che i due pianeti potrebbero avere un’atmosfera con azoto, anidride carbonica e acqua. Ma non è possibile avere dati più precisi su pianeti così lontani. Potremmo quindi solo continuare a immaginare che a circa 3.000 anni luce da noi esistono due ‘fratellì della Terra con atmosfera e acqua.
“Secondo i dati che abbiamo a disposizione, relativi al raggio e al periodo orbitale, questi sono i pianeti più simili alla Terra mai scoperti”, osserva uno degli autori della scoperta l’astrofisico Justin Crepp, dell’università francese di Notre Dame. I due pianeti si trovano nella fascia abitabile della loro stella, dove vi sono temperature miti e le condizioni per l’esistenza dell’acqua, caratteristiche che ne fanno “ottimi candidati per ospitare la vita”, rileva l’astronomo Raffaele Gratton, dell’Osservatorio di Padova dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Il problema, rileva Gratton, è che questi due ‘sosia’ della Terra sono lontanissimi, distano infatti fra 2.000 e 3.000 anni luce da noi: quindi non sarà possibile studiarli. Tuttavia la scoperta è comunque molto importante, prosegue l’esperto, perché “mostra che i pianeti simili alla Terra esistono e che vale la pena andare avanti su questa strada, che sarà completata quando ci saranno evidenze di vita”. Per avere la firma della vita su altri pianeti, spiega l’astronomo, bisogna cercare alcuni elementi chiave come l’ozono, più rilevabile dell’ossigeno, una vera e propria “pistola fumante” che indica l’esistenza di un processo di fotosintesi a opera di piante o batteri.
Per trovare pianeti che ospitano la vita, se questi esistono, “occorrono ancora almeno 10 anni e bisogna concentrarsi su pianeti vicini, dell’ordine di 20-30 al massimo 50 anni luce di distanza dalla Terra”, osserva Gratton. Il telescopio spaziale Kepler, aggiunge, non è adatto a cercare pianeti vicini ma è stato progettato solo per osservare in una regione lontana della Via Lattea. Sarà invece questo l’obiettivo ambizioso di future missioni appena arrivate al nastro di partenza, come Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellite) della Nasa, prevista per il 2017, e la missione Cheops, selezionata dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa) nell’ottobre 2012.