Titoli e commenti entusiasti per Re Giorgio che resta al Quirinale. Salutato quasi all'unanimità come il salvatore della patria, ringraziato "con stima e gratitudine". Come l'unico che può "riparare il motore imballato" della politica (Eugenio Scalfari). Vietato parlare di "inciucio". Alessandro Sallusti conclude: "Ha vinto Berlusconi"
Il giorno dopo, i giornali celebrano senza freni la rielezione di Giorgio Napolitano. “Lo storico bis di Napolitano”, titola in prima La Stampa. “Napolitano rieletto, bis storico al Quirinale”, gli fa eco Il Sole 24 ore. L’Unità lascia stare la storia, ma gioisce con un icastico: “Napolitano” a tutta pagina. Spiegando: “Rieletto (con 738 voti) per salvare il Parlamento dallo stallo”. Il Corriere della sera cerca di articolare: “Napolitano rieletto chiede responsabilità”, come Repubblica: “Napolitano bis: ora più responsabilità”.
È la “responsabilità” chiesta ai partiti (anzi pretesa) dall’appena rieletto presidente e che si traduce così: accettate le larghe intese. Re Giorgio avrebbe consegnato un dossier, rivela il Corriere, in cui allinea le sue condizioni: un “governo di convergenza” gestito dal Colle, con la raccomandazione di non definirlo più “governicchio” e la proibizione di chiamarlo “inciucio”. Anche il Giornale (che un tempo inveiva contro il “presidente comunista”), oggi gongola: “Presentabili. Berlusconi vara il Napolitano bis. Pdl al governo”. Solo Libero si concede uno sberleffo bonario: “Il nuovo che avanza. Ma che anno è? Napolitano resta sul Colle: per uscire dallo stallo passiamo alla monarchia”.
Per trovare ben visibile l’incapacità del sistema dei partiti a eleggere un nuovo capo dello Stato bisogna arrivare al Fatto quotidiano, che titola: “Delitto perfetto”. E spiega: “Un Parlamento senza dignità s’inginocchia davanti a signore di 88 anni che aveva giurato di non ricandidarsi”.
Lo aveva detto chiaro e ripetuto, tra gli scatoloni del trasloco, anche al direttore della Stampa, Mario Calabresi, domenica 14 aprile: “Farmi rieleggere? Sarebbe una non soluzione. Sarebbe sbagliato fare marcia indietro. Bisogna rispettare la scadenza istituzionale, senza ipotizzare soluzioni pasticciate”. Sette giorni dopo, è tutto cambiato. Re Giorgio disfa gli scatoloni e resta al Quirinale.
Il primo ad anticipare il cambio era stato, sabato 20 aprile, sul Corriere, Francesco Verderami: “E Silvio si rivolse a Napolitano: si ricandidi o ci aiuti a risolvere”. E ora tutti a spargere incenso. “Con notevole sacrificio personale”, scrive sulla prima del Corriere Sergio Romano, “il presidente della Repubblica ha accolto un invito che gli era stato indirizzato, tra gli altri, dal direttore di questo giornale”. Ferruccio De Bortoli aveva infatti chiesto già il 10 marzo a Napolitano di restare. Ora è stato esaudito e Romano lo glorifica: “Ha messo ancora una volta se stesso al servizio del Paese”. Calabresi sulla Stampa lo saluta come il salvatore della patria, che ha resistito fino all’ultimo, ma poi “ha ceduto davanti alla richiesta più accorata e più schietta”.
I toni più commoventi sono del quasi omonimo direttore del Sole: “Grazie, Presidente”, scrive Roberto Napoletano sotto il titolo “Il senso di un sacrificio”. “Ci è voluto l’ultimo soccorso di un giovanotto di 87 anni che risponde al nome di Giorgio Napolitano per alleviare le tante ferite che attraversano il corpo (profondamente) sofferente del Paese”. Ma anche Eugenio Scalfari non scherza. Sotto il titolo “Solo lui può riparare il motore imballato”, scrive: “Tra quanti hanno tirato un respiro di sollievo alla rielezione di Napolitano ci sono anch’io”. Sentimentale anche Claudio Sardo, direttore dell’Unità, che scrive “La stima e la gratitudine verso il capo dello Stato sono i nostri primi sentimenti”.
Per trovare un minimo di distacco dobbiamo sfogliare Libero, dove Maurizio Belpietro scrive: “Per colpa della sinistra, ci ritroviamo al Quirinale un vecchio presidente spacciato per nuovo e a Palazzo Chigi rischiamo di vedere Giuliano Amato, un avanzo della prima Repubblica”. Sul Giornale, Alessandro Sallusti tira le fila, centrando l’attenzione su Silvio Berlusconi: “Di fatto ha vinto lui. Come recita un tweet che circola in queste ore, speriamo che ora la Boccassini non lo indaghi per strage, accusandolo di aver fatto fuori tra il 1994 e il 2013 tutti i leader di Pds, Ds, Ulivo e Pd”. Non lo farà, anche perché si sono fatti fuori da soli.