Patrizia Moretti cittadina bolognese. È stato un applauso collettivo, una standing ovation il conferimento della cittadinanza onoraria alla mamma di Federico Aldrovandi, morto la notte del 25 settembre 2005, ucciso, ricorda il sindaco di Bologna Virginio Merola “da quattro poliziotti”. “Nessuno di noi – ha detto in aula di Consiglio la Moretti –  avrebbe forse voluto vivere questo giorno, perché il motivo per cui siamo qui oggi è che mio figlio non c’è più. Ma ringrazio tutti coloro che mi sono stati vicino”. Gli amici di Aldro, prima di tutto, ma anche tanti cittadini che negli anni, “mentre lottavo per cercare giustizia e verità – ha ricordato la madre, commossa –  mi hanno scritto messaggi, espresso solidarietà”. Dato la forza, insomma, “di andare avanti”.

Una lunga lotta quella dei famigliari di Federico, alcuni dei quali seduti nell’aula di palazzo D’Accursio per partecipare alla cerimonia: il papà Lino, il fratello Stefano, la zia Donatella e lo zio Franco. Una lotta, ricorda il sindaco Merola “che si è conclusa il 21 giugno del 2012, quando la Corte di Cassazione ha fatto chiarezza e giustizia su quanto accaduto quella notte, condannando a 3 anni e sei mesi di carcere per omicidio colposo i 4 poliziotti”. “E’ importante questa onorificenza – continua la mamma di Aldro – mi rende contenta perché arriva dopo otto lunghi anni spesi in un percorso difficile, per affermare la dignità di Federico. All’inizio lo Stato mi era contro, perché quelle indagini dentro la questura di Ferrara per molto tempo non sono state fatte e sembrava che il processo fosse contro di lui, che invece era la vittima”.

Ma questa onorificenza “di grandissima importanza – ha aggiunto – mi dà la speranza che a partire da Bologna e da Ferrara, la città dove vivo, le istituzioni si facciano carico delle esigenze di giustizia che appartengono ai cittadini, che non siano più soli. Perché mai come in casi come questo c’è bisogno di avere le istituzioni accanto”.

“La storia della signora Moretti è, senza dubbio, esemplare – ha detto in aula anche la Presidente del Consiglio comunale Simona Lembi – Non è stata la madre dolente, il cui figlio ha perso la vita. Il suo è piuttosto l’esempio di una donna che non ha accettato l’idea  che  ognuno  in  questo  paese possa produrre la sua verità. Non si è arresa ai risultati di una prima indagine; non ha invocato la forca, non ha accusato nessuno; ha preteso giustizia. Accade a volte  – ha aggiunto la Lembi – nessuno  sa  esattamente  come,  ma quando succede ce ne accorgiamo  immediatamente, che  i familiari di vittime di reato, di reati che  scuotono  la  società,  che  interrogano l’opinione pubblica, riescano improvvisamente  a trasformare un dolore privato, un lutto personale, in un fatto  pubblico. Lo hanno fatto i famigliari di Federico Aldrovandi, e lo ha fatto Patrizia Moretti. La sua storia  è  quella  di  una  mamma  ostinata, che chiede di conoscere quanto accaduto al figlio, non solo per se’ ma anche perché questo non abbia più a ripetersi  per  altri.  E quando questo accade, cioè quello di riuscire a trasformare  un lutto privato in un fatto pubblico, non diventa più la loro storia, quella è una storia che ci appartiene”.

In aula, nonostante le polemiche sollevate il giorno in cui il Consiglio discusse del conferimento dell’onorificenza a Patrizia Moretti, era presente anche la Lega Nord, che aveva definito la proposta del consigliere Benedetto Zacchiroli, Pd, “una marchetta”. “Sarebbe ipocrita nascondere le polemiche che ci sono state, ma la presenza di tutti  in  Consiglio  – ha detto la Lembi – è  un  segno evidente  di come ci si possa anche duramente  scontrare,  ma  che  poi  il rispetto delle scelte prese prevale sopra ogni opinione espressa”.

Dopo il conferimento della cittadinanza onoraria, Patrizia Moretti e i familiari di Federico Aldrovandi sono scesi in piazza Maggiore, ai piedi del crescentone, dove ad attenderli c’erano un centinaio di tifosi sportivi pronti ad accoglierli con uno striscione orgogliosamente sollevato in alto: “Sempre al fianco della famiglia di Federico Aldrovandi”, recitava. E un altro applauso per lei, Patrizia, che di lottare non ha mai smesso, “perché ciò che è successo a noi non deve succedere a nessun’altro”.

“E’ la mamma che vorremmo avere tutti” commentano i tifosi, alcuni della Fossa dei Leoni, altri della curva Andrea Costa. Basket e calcio, Bologna e Fortitudo. “Questo striscione l’abbiamo esibito anche allo stadio, il giorno in cui il Coisp manifestò a Ferrara, sotto all’ufficio dove Patrizia lavora – racconta Paolo – siamo qui perché vogliamo stare vicino a questa famiglia, perché ammiriamo l’impegno speso per trovare una verità che si è cercato di nascondere. Patrizia è un esempio di impegno civile”.

“La storia di Aldro rappresenta molti aspetti che come tifosi abbiamo sempre denunciato, senza essere ascoltati – commenta Marco – dimostra che certe cose possono accadere nella vita quotidiana. In quel caso, bisogna essere uniti, e solidali”. 

 

Anna Maria Cancellieri “occasione per testimoniare vicinanza”. Alla cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria avrebbe dovuto partecipare anche il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, rimasta a Roma, però, per assistere al giuramento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In un messaggio inviato al Comune di Bologna. Però, l’ex commissario ha ricordato che il riconoscimento è “un’occasione particolare per testimoniare vicinanza a e affetto” alla famiglia di Aldro e a Patrizia Moretti. Bologna, ha aggiunto, “come sempre ha saputo dimostrare di essere città dalle grandi qualità civili e morali”. E al ministro Cancellieri i genitori di Aldro si sono rivolti per chiedere che ai quattro poliziotti, “che hanno ucciso un bambino dolce e tontolone, che baciava la nonna alle spalle chiedendole ‘come mi sta la giacca di pelle nuova?’” sia “tolta la divisa”.

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