Decine di milioni di euro in contributi dell’Unione Europea destinati al nostro Paese letteralmente finiti nella monnezza e l’Italia ridotta a fare la parte dell’azzeccagarbugli nel tentativo disperato di recuperarli.

E’ una brutta storia italiana tanto che si guardi al metodo che al merito quella che rimbalza dal Lussemburgo attraverso il comunicato stampa con il quale il Tribunale dell’Unione Europea annuncia di aver appena rigettato il ricorso proposto dall’Italia avverso la decisione con la quale la Commissione Ue le aveva negato il diritto a vedersi rimborsare decine di milioni di euro di fondi strutturali parte degli oltre 90 milioni investiti in svariate operazioni relative al sistema regionale campano di gestione e di smaltimento dei rifiuti  tra il 1999 ed il 2009.

La storia è tanto semplice quanto sconcertante e preoccupante.

Il nostro Paese presenta alla Commissione un progetto da oltre 90 milioni di euro per l’esecuzione, tra il 1999 ed il 2009 [n.d.r. il termine originario era 2008] di una serie di importanti opere connesse con il ciclo dello smaltimento dei rifiuti in Campania e la Commissione lo approva, impegnandosi a finanziarci con il 50%, oltre 45 milioni di euro, cento mila in più o centomila in meno.

Approvato il progetto, tuttavia, la Commissione dell’Unione Europea si accorge – senza per la verità fare grande fatica considerato lo scandalo dei rifiuti che colpisce e travolge la Regione Campania – che il nostro Paese, nella realizzazione del progetto, ha disatteso la disciplina europea ed apre dunque una procedura di infrazione contro il nostro Paese reo “di non aver garantito che, in Campania, i rifiuti fossero smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e quindi di non aver creato una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, in violazione della direttiva sui rifiuti”.

Nel 2010 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dando ragione alla Commissione UE, “constata l’inadempimento dell’Italia che, non avendo adottato tutte le misure necessarie per lo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, aveva in tal modo messo in pericolo la salute umana e danneggiato l’ambiente”.

A quel punto la Commissione Ue assume l’unica decisione sensata su di un piano logico prima ancora che giuridico: comunica all’Italia che non intende continuare a finanziare un progetto gestito in violazione della disciplina europea, esponendo a rischio la salute dei cittadini e danneggiando l’ambiente.

Su questo presupposto la Commissione respinge al mittente una serie di richieste di rimborsi provenienti dal nostro Paese in relazione allo smaltimento dei rifiuti in Campania, per decine di milioni di euro. L’Italia non ci sta e prova a giocare a fare l’azzeccagarbugli davanti ai Giudici del Tribunale del Lussemburgo sostenendo che gli inadempimenti alla disciplina Ue accertati dalla Corte di Giustizia non avrebbero nulla a che fare con le operazioni cui si riferivano i finanziamenti richiesti.

Il Tribunale, però, non si lascia convincere e con la sentenza dello scorso 19 aprile, rigetta il ricorso del nostro Paese e conferma la bontà della scelta della Commissione Ue di bloccare i rimborsi di finanziamento all’Italia.

Decine di milioni di euro, già nostri – o meglio nostri se chi aveva la responsabilità di occuparsi del sistema campano di smaltimento dei rifiuti lo avesse fatto bene ed onestamente – finiscono così nella monnezza. Al danno si aggiunge la beffa: non solo ci siamo ritrovati sulle spalle decine di milioni di euro di conti da pagare che pensavamo avrebbe saldato Bruxelles ma abbiamo anche fatto la figura di quelli che provano a fare i “furbi” ad ogni costo.

L’auspicio, a questo punto, è chi ha sbagliato – e sono in tanti – paghi davvero, nel modo più severo possibile non solo per aver contribuito ad allargare i buchi di un bilancio che è ormai un colabrodo ma anche e soprattutto per la figuraccia che ci ha fatto fare agli occhi dell’Europa intera.

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