Siamo tra quelli che avrebbero preferito la formula Prodotà, con Prodi al Quirinale e Rodotà Presidente del Consiglio, o meglio avremmo preferito assistere almeno al tentativo di stanare il Pd e far emergere quello che sarebbe poi emerso nel segreto delle urne: il No sia a Prodi, sia a Rodotà.
Chi lavorava per le larghe intese considerava e considera queste due personalità, pur così diverse tra loro, come nemici giurati. Non a caso Berlusconi e i suoi erano già pronti alla rivolta di piazza (altro che Piazza Santi Apostoli), qualora Prodi fosse davvero stato eletto.
Allo stesso modo Stefano Rodotà non sarebbe stato votato esattamente per le stesse ragioni per le quali piace a molti di noi. Rodotà, insieme ad altre donne e altri uomini, rappresenta uno dei simboli dell’impegno per la Costituzione, per la legalità repubblicana, per la tutela della autonomia della magistratura e della informazione, per la difesa dei beni comuni, ed ancora crede nella laicità dello Stato, nel rispetto di ogni minoranza, nella inclusione delle differenze, nella necessità di ridurre la forbice delle opportunità tra il primo e l’ultimo della scala sociale…
Esattamente per questi stessi motivi non sarebbe stato votato dal partito trasversale delle larghe intese e dei vecchi interessi. Oggi qualcuno, anche nel Pd, torna a dire che Rodotà avrebbe sbagliato tutto, che avrebbe dovuto ritirarsi e non prestarsi al gioco di Grillo. Mi ricordano quelli che accusavano le ragazze di “andarsela a cercare”, perché osavano portare le minigonne.
Chi di loro ha fatto un gesto verso Rodotà? Perché mai hanno fatto finta di nulla quando ben prima di Grillo, il sondaggio di Articolo 21, quello del Fatto e di tanti altri giornali, il Forum per l’acqua pubblica, centinaia di cittadine e di cittadini avevano già indicato il nome di Rodotà.
Quel nome già esisteva, ma, come sempre, lo si è ritenuto espressione di mondi residuali, un’ipotesi che non sarebbe mai arrivata nelle aule. A Grillo e ai suoi sostenitori, ai quali non abbiamo mai risparmiato critiche, va riconosciuta l’intelligenza di aver espresso un consenso anche su questo nome. Per altro, a chi li accusa di essere la nuova destra, vorrei ricordare che, in quell’elenco, vi erano anche i nomi di Milena Gabanelli, Dario Fo, Gustavo Zagrebelsky, Giancarlo Caselli, Gino Strada, per citarne solo alcuni, che solo un gruppo di ubriachi potrebbe schedare come donne e uomini di destra.
In realtà si tratta di persone che hanno nel cuore l’interesse generale e hanno orrore per il conflitto di interesse, per le norme ad personam ed ad aziendam, per ogni forma di impunità e di immunità. Questo è l’oggetto del contendere, non certo il carattere di Rodotà o le buone maniere.
Non so, e neppure mi interessa sapere, se ora nascerà una nuova formazione politica. Mi piacerebbe solo che i valori incarnati da queste persone e che hanno trovato una simbolica convergenza nel nome di Rodotà, diventassero patrimonio comune di un vasto schieramento di forze politiche, associazioni, movimenti che, pur restando distinti e distanti su molte cose, trovassero la forza, la sensibilità e l’intelligenza per convergere ogni qual volta saranno messi in discussione la Costituzione, i beni comuni, il principio di uguaglianza.
Nei prossimi giorni il lavoro non mancherà.