Se tornano a dirvi che gli stranieri non investono in Italia per colpa dell’articolo 18, potete rispondere che molto più delle garanzie sindacali fanno paura casi eclatanti di capitalismo di rapina come quello della Parmalat. Che tra l’altro vede protagonista, nel ruolo dell’azionista di maggioranza che si spolpa l’azienda un gruppo francese, Lactalis.
Per capire lo scandaloso caos in cui versa l’azienda sopravvissuta per miracolo ai reati del suo ex padrone Calisto Tanzi, basti sapere che ieri l’assemblea degli azionisti non è stata in grado di approvare il bilancio 2012. Può sembrare incredibile, ma l’azienda del Collecchio è nel mirino della magistratura più che nel 2004, quando fu travolta dal crack da 14 miliardi e soci. Sull’assemblea di ieri si è abbattuta la notizia che la Centrale del Latte di Roma, comprata 15 anni fa, per decisione del giudice non è più della Parmalat ma torna di proprietà del comune di Roma. Perdendo di colpo una proprietà valutata in bilancio 95 milioni, con un fatturato di 128 e 180 dipendenti, Parmalat deve riscrivere il bilancio.
Incredibile è la ragione dell’apparente esproprio. La Centrale del Latte di Roma fu privatizzata dal Campidoglio nel 1997 dal sindaco Francesco Rutelli e dall’allora fedelissima assessore Linda Lanzillotta. La comprò la Cirio di Sergio Cragnotti che un anno dopo la vendette alla Parmalat con tutto il pacchetto Eurolat. Il fatto è che nel contratto c’era il divieto di rivendere la Centrale prima di cinque anni. Infatti l’assessore Lanzillotta reagì alla rivendita con un perentorio “Cragnotti chiarisca”, e quello reagì con un sicuro “chiarirò tutto”. Infatti sono passati 15 anni e c’è voluto prima l’arresto di Cragnotti, poi il processo Eurolat, che ha visto l’ex presidente di Capitalie e Mediobanca Cesare Geronzi condannato a 4 anni, per arrivare a dire che la Centrale del Latte non doveva essere rivenduta. E che dunque la Parmalat la deve restituire al Comune di Roma. Rimane una domanda: ma in questi 15 anni che cosa hanno fatto l’assessore Lanzillotta, Rutelli, i suoi successori Walter Veltroni e Gianni Alemanno, e il commissario della Parmalat Enrico Bondi, poi celebre per la spending review? Ancora più preoccupante è la seconda vicenda di cui si è occupata ieri l’assemblea degli azionisti Parmalat. Risanata da Bondi, l’azienda di Collecchio viene acquistata dai francesi del gruppo Lactalis, che ci trovano dentro 1,5 miliardi di liquidità. L’estate scorsa Lactlais, che ha solo il pacchetto di maggioranza di una società quotata in Borsa, ha l’idea meravigliosa di vendere a Parmalat la sua controllata americana Lag, per un prezzo di 736 milioni che fa automaticamente traslocare circa metà del tesoretto lasciato da Bondi da Parma a Parigi.
Si ribellano gli azionisti di minoranza, capitanati da tre fondi d’investimento americani: Amber Capital, Fidelity e Gamco. Tanto fanno che la procura di Parma apre un fascicolo, e l’indagine arriva a conclusioni provvisorie per ora ma molto interessanti. Per esempio saltano fuori delle email con cui il consigliere d’amministrazione di Parmalat, Antonio Sala, sembra fare pressioni su Mediobanca, chiamata per una perizia sul valore di Lag, perché faccia salire il prezzo, nell’interesse di Lactalis e contro quello di Parmalat. Ieri all’assemblea è venuto fuori il provvidenziale intervento della Pricewaterhousecoopers, che con una nuova perizia ha detto che il prezzo di Lag potrebbe scendere di 144 milioni dai 736 iniziali.
I magistrati intervengono con mano pesante: il tribunale di Parma nomina un commissario esterno, Angelo Manaresi, perchè vigili sull’affare Lag, e questi fa scoperte interessanti. Per esempio che il consigliere Parmalat Francesco Gatti ha preso dalla società 878 mila euro per consulenze legali nell’acquisto della società americana. E che il consigliere Marco Reboa, qualificato come indipendente e quindi messo a guardia delle operazioni con “parti correlate” (cioè l’azionista di controllo), non è indipendente per niente e quindi viene rimosso da quel ruolo, anche se per ora si rifiuta di dimettersi dal consiglio d’amministrazione.
Il tribunale ha fatto fuori anche due componenti del collegio dei sindaci che ieri sono stati sostituiti dall’assemblea su indicazione di Lactalis, tra le proteste dei soci di minoranza. Il rappresentante di Amber ha accusato il consiglio d’amministrazione di comportarsi “in spregio dello statuto sociale e in violazione delle decisioni di un tribunale italiano”. Vivo imbarazzo del presidente di Parmalat, Franco Tatò, che non ha saputo dare spiegazioni soddisfacenti ai contestatori. Dal resto, lui, Gatti, Reboa, Sala e altri top manager sono indagati per appropriazione indebita aggravata. Le belle figure internazionali del capitalismo italiano.