L’ex sindaco di Parma Pietro Vignali potrebbe tornare agli arresti domiciliari. La Cassazione ha accolto il ricorso della Procura di Parma che si era opposta alla revoca della misura di custodia cautelare per l’ex primo cittadino, arrestato lo scorso 16 gennaio nell’operazione Public Money insieme al consigliere e capogruppo in Regione del Pdl Luigi Giuseppe Villani, all’imprenditore Angelo Buzzi e al manager Andrea Costa.
Tutti e quattro gli arrestati avevano presentato istanza di scarcerazione e l’unico a non averla ottenuta è stato il consigliere Villani. Vignali, che è accusato di peculato e corruzione, era tornato in libertà appena quindici giorni dopo il blitz della Guardia di finanza. Nelle motivazioni il Tribunale della libertà di Bologna, pur confermando la gravità delle accuse a carico dell’ex sindaco di centrodestra, riconosceva il fatto che Vignali attualmente fosse estraneo all’attività politica, visto che non ricopre più da oltre un anno e mezzo, ossia dall’atto delle sue dimissioni dell’ottobre 2011, alcun ruolo istituzionale, e che quindi non vi fosse il rischio di inquinamento delle prove o reiterazione del reato.
La Procura però aveva presentato ricorso contro la decisione e nei giorni scorsi la Cassazione ha annullato il provvedimento del Riesame e rinviato gli atti al Tribunale di Bologna. Un collegio di giudici in diversa composizione dovrà formulare quindi un secondo giudizio sul conto dell’ex sindaco. “La Suprema Corte ha deciso di accogliere il ricorso della Procura, rimandando tutto al Tribunale di Bologna, ma ancora non conosciamo le motivazioni – ha spiegato l’avvocato difensore dell’ex sindaco, Romano Corsi – Vignali comunque rimane libero”.
La Cassazione ha accolto anche il ricorso presentato dai legali difensori Corsi e Nicola Mazzacuva per il dissequestro parziale dei beni dell’ex sindaco, che erano stati bloccati preventivamente per una somma di 1.969.000 euro. Il Riesame aveva dissequestrato soltanto conti corrente di cui Vignali aveva la delega da primo cittadino e immobili in comune con altri parenti, ma anche questo atto è stato annullato dalla Suprema Corte e rinviato al tribunale per passare al giudizio di un altro collegio di giudici.