Economia & Lobby

La verità sulla riforma Inarcassa

Il 18 aprile, a Roma, mentre alla Camera era in corso il quarto scrutinio per la designazione del 12° presidente della Repubblica, che vedrà l’investitura al 6°scrutinio dell’ottantottenne Napolitano al suo secondo mandatoal Centro Congressi Ail in Via Casilina, Paola Muratorio, presidente Inarcassa al suo terzo mandato, in carica dal 2000 e vicepresidente dal 1995, nonché Delegato Architetto per la Regione Liguria dal 1990, illustrava agli architetti e ingegneri iscritti e ai pensionati della provincia di Roma, le regole della nuova previdenza introdotte dalla recente riforma.

Presentata con enfasi encomiastica a una platea insofferente, la riforma “rivoluzionaria” del migliore dei mondi possibili, veniva tratteggiata a tinte pastello dalla Presidente: garantisce agli iscritti previdenza e assistenza nel nome dell’equità tra le generazioni, salvaguarda le aspettative solidaristiche del sistema previdenziale; dalla flessibilità di uscita pensionistica, al contributo volontario aggiuntivo per chi intende migliorare il proprio profilo previdenziale. Misure che assicurano la necessaria tutela sia ai più anziani sia alle giovani generazioni.

Mentre al Centro Congressi Ail, si celebrava la nuova Riforma interamente scaricata sulle spalle dei giovani, ai quali si chiede di comprendere “l’importanza di assumere un ruolo attivo e consapevole nella gestione del risparmio per avere una pensione adeguata“, contemporaneamente, in un altro quartiere di Roma, a Testaccio, nella sala Convegni dell’Altra Economia, nel corso della manifestazione 150K Architetti E-quality, l’ing. Enrico Giuseppe Oriella, delegato Inarcassa di Vicenza, con toni decisamente meno enfatici, dati e numeri alla mano, proiettava su uno schermo, cifre comparative che facevano ammutolire gli astanti. Con assoluta chiarezza dimostrava come, quando la riforma andrà a regime, il taglio delle pensioni sarà di oltre il 50% rispetto alle attuali.

Infatti, stando ai dati reddituali diffusi dagli esperti, volendo calcolare la pensione media di un un giovane che si iscrive a Inarcassa nel 2013 a 28 anni, con un reddito annuo medio di partenza che oggi è pari a 12.000 euro, andando in pensione nel 2050 a 65 anni, percepirà 11.000 euro, contro i 27.000 euro delle vecchie pensioni, pari al 34% del reddito, con un abbattimento di oltre il 60% delle retribuzioni prima della riforma. Per una donna ovviamente le cose vanno peggio: con una curva reddituale meno costante e con un reddito medio di partenza pari a 10.000 euro, dopo 30 anni di contributi andrà in pensione a 65 anni con 6.500 euro di reddito annui, mentre con le vecchie pensioni avrebbe percepito 14.000 euro.

E’ facile ipotizzare che quando i giovani e i futuri iscritti si renderanno conto che i loro contributi, vincolati per trent’anni, gli saranno restituiti con un rendimento dell’1% , potrebbero decidere di non iscriversi o di cancellarsi da Inarcassa. E visto che l’Europa non è una società collettivistica chiusa, l’eventuale fuga dall’Italia, attraverso le società di ingegneria e di architettura, dei migliori redditi dei colleghi professionisti, potrebbe causare un ulteriore taglio delle pensioni dovuto alla riduzione delle entrate contributive e quindi del patrimonio investibile; con il rischio che un sistema scardinato negli aspetti della coesione solidaristica, non sia più socialmente stabile nel lungo periodo. La sostenibilità non può certo ridursi alla capacità di gestire con efficienza il patrimonio versato dagli iscritti. E’ invece, un concetto più complesso perché si associa all’equità, alla dignità, alla stabilità nel lungo periodo in termini sociali.

L’epilogo della politica che consegna a un Paese insofferente (e sofferente) un Presidente ottantottenne, è rappresentativo di una certa generazione che si è presa tutto assicurandosi ogni privilegio: il lavoro non flessibile, le pensioni con il sistema retributivo, i redditi alti e, soprattutto, il potere autoreferenziale con il quale interpreta la realtà, secondo i propri schemi e punti di riferimento, occupando posti di rilevanza istituzionale e politica.

Cosa resta da fare ai giovani? Cominciare con l’impedirgli di avere cariche ed essere eletti, in ogni ambito significativo.