L'ex vicepresidente della banca senese giustifica ai soci il passaggio dell'investimento dalla banca toscana a quella milanese. Pochi mesi prima, però, aveva espresso nervosismo in cda
Francesco Gaetano Caltagirone si sbottona sulla fuga dal Monte dei Paschi di Siena all’inizio del 2012, giusto poche settimane prima dell’apertura ufficiale dell’inchiesta sulla banca toscana. Il costruttore-editore romano, a margine dell’assemblea della Caltagirone spa, ha spiegato che la decisione di uscire dal capitale di Rocca Salimbeni, poco prima che si scoprissero le difficoltà finanziarie dell’istituto di credito, fu dettata da opportunità di mercato. Si era presentata una “occasione unica con l’aumento di capitale di Unicredit” di spostare l’investimento su quel titolo. “Era sceso talmente per cui ci siamo resi conto che potevamo vendere Monte Paschi e comprare Unicredit, che aveva molte più possibilità di rimbalzare”.
In più, Unicredit, nel cui capitale Caltagirone fa il suo ingresso nel gennaio 2012, appariva più interessante di Mps anche sul fronte del business perché più internazionalizzata: “mentre Mps è una banca unicamente italiana e l’Italia era entrata nel tunnel di questa crisi, Unicredit ha il 70% delle attività all’estero – aggiunge Caltagirone – Così abbiamo spostato l’investimento e privilegiato una banca che ha la maggior parte delle attività all’estero, che poi sono quelle che vanno meglio”. Una scelta tattica effettuata al volo: “Lo abbiamo deciso in quel momento”, conclude sottolineando che il tempo gli ha dato ragione dal momento che oggi “abbiamo sensibili plusvalenze” su Piazza Cordusio.
Non può dirsi lo stesso sull’uscita dal capitale del Monte dei Paschi di Siena che avvenne in perdita. Il costruttore romano che, in quella stessa data, si dimetteva dalla vicepresidenza di Mps , aveva in carico il 4,7% della banca senese ad un prezzo compreso fra 0,8 e 1 euro per azione quando il titolo in Borsa valeva appena 0,31 euro. “Caltagirone esce da Mps anche per la mancanza di chiarezza sugli assetti azionari della banca: la Fondazione, che ha 950 milioni di debiti, deve vendere un corposo pacchetto, attorno al 15%, per ripagare le banche creditrici”, commentava in quei giorni il Corriere della Sera ricordando che Caltagirone era reduce da un’autosospensione dall’incarico al vertice della banca in seguito alla condanna a tre anni e sei mesi di reclusione nell’ambito del processo per la tentata scalata dell’Unipol alla Bnl (condanna in seguito annullata con sentenza che però è stata cancellata dalla Cassazione lo scorso dicembre).
Un anno più tardi, nel gennaio del 2013, lo stesso quotidiano riferisce poi di “consigli ad alta tensione” al Monte dei Paschi nel periodo che va da settembre e dicembre 2011. Nei verbali delle riunioni, Caltagirone e l’azionista francese Axa, rappresentato da Francois de Courtois, erano preoccupati per l’esposizione ai titoli di Stato italiani di Mps. “Quanti Btp abbiamo in portafoglio?”, chiedeva Francesco Gaetano Caltagirone, vicepresidente e azionista con il 4%, al consiglio dell’8 settembre 2011. “La situazione non è ulteriormente sostenibile – dichiarava il costruttore nello stesso verbale – sia come rischiosità che come conseguenze di conto economico, si devono prendere opportuni provvedimenti per alleggerire queste posizioni”.
Il tema torna a far discutere il 24 novembre 2011 quando de Coutois ha chiesto “un’esposizione analitica titolo per titolo”. Il dossier è nelle mani dei consiglieri il 16 dicembre, ma, come precisa Alfredo Monaci, oppositore dell’ex sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi, “messa a disposizione dei consiglieri da poco tempo. Ma, intanto, fra il 16 e il 22 dicembre 2011, Caltagirone ha già venduto un pacchetto da 35 milioni di titoli Mps per un totale di 8,3 milioni di euro.