Ha combattuto a fianco di Pier Luigi Bersani, ma ora non ha paura di dire che il futuro del partito è nelle mani di Matteo Renzi. Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, dopo il weekend di passione del Partito Democratico, parla deciso: “Io mi sono opposto a Renzi, oggi penso sia una nostra risorsa, ma non per questo mi sento un traditore. Il primo cittadino di Firenze ha tutte le caratteristiche per essere il nostro candidato per il futuro governo. Questo poi lo deciderà il congresso. Andiamo verso una fase in cui è importante essere uniti pur nelle differenti posizioni e opinioni. Bisogna fare il Pd e convivere con la pluralità. La sinistra moderna deve esser questo”.
Una presa di posizione forte, in occasione dell’incontro del direttivo provinciale a Bologna, riunito pubblicamente nella tarda serata del 24 aprile. A pochi chilometri di distanza, al circolo storico della Bolognina, i giovani del partito avevano organizzato un’iniziativa provocatoria dal titolo “Reset Pd”. Cambia la scena e cambiano gli animi. E mentre i dirigenti cercano di salvare quel poco che resta, radicale è il sindaco di Bologna: “Deve andare a casa tutto il gruppo dirigente nazionale. I nomi di chi deve partire sono noti. Ci sarà un congresso. E’ un problema strutturale di una comunità che deve saper convivere senza far ricadere sul paese questa sua incapacità”. E l’esempio lampante, secondo il sindaco, è stato il tradimento dei 101 franchi tiratori che hanno bruciato la candidatura di Romano Prodi a Presidente della Repubblica. “Se si legge la carta dei valori del Pd c’è già scritto tutto. Forse bisognava giurarci sopra, ma sicuramente non sono loro in grado di rappresentarli. C’è bisogno di rinnovamento profondo, non basato solo sull’età, ma sulle proposte e sulla capacità di affrontare i problemi”.
Nella sala aperta al pubblico, oltre cento persone. Qualche malumore e tante facce scure, con la speranza che il partito non sia finito. “Resettiamo tutto, ripartiamo dalla base e ascoltiamola”, si era detto poco distante all’iniziativa dei giovani del partito, tra assessori locali, e iscritti. “Non è tempo di bruciare le tessere, nessun falò. Ma ricominciamo da zero”, il messaggio che hanno raccolto, microfoni aperti e spazio alle voci. All’interno del direttivo invece, l’unità vacilla nonostante tutto. Raffaele Donini, segretario provinciale del Partito Democratico, non esita ad affermarlo: “Questi ultimi sette giorni, i più duri e difficili anche per chi ricopre responsabilità politiche territoriali, si è potuto toccare con mano quale sia stato il livello di sconforto, di disorientamento e di sfiducia nella politica di gran parte dei nostri iscritti, militanti ed elettori. Soprattutto per quanto è accaduto nelle votazioni che hanno riguardato il Presidente della Repubblica”. Tentennamenti che però non mettono in dubbio le ultime scelte del partito: “Il governo guidato da Enrico Letta, figura senza dubbio autorevole e competente, dovrà essere un governo di “servizio al Paese”. Un governo di scopo, per tradurre concretamente, in un tempo limitato ed esigibile, i provvedimenti in materia economica e sociale, la riforma della legge elettorale, il taglio dei costi della politica, l’avvio di una riforma della seconda parte della Costituzione”.