Cronaca

Expo, 30 milioni di extra costi e bonifiche impreviste. Ecco le incoerenze del cda

Il primo maxi appalto per l'esposizione universale è stato vinto dalla Cmc di Ravenna con un massimo ribasso del 42,83%. Poi però sono spuntate spese impreviste che peseranno sui cittadini e terre da decontaminare non incluse nel bando. In un verbale tutte le perplessità dei consiglieri della società di gestione

“Le perplessità sono tante”. E ancora: “Non ricorrono i presupposti della inevitabilità”. Eccoli tutti i dubbi che vengono fuori nel consiglio di amministrazione di Expo 2015 spa quando a novembre deve valutare gli extra costi chiesti dalla Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna (Cmc), la vincitrice del primo maxi appalto per la realizzazione dell’esposizione universale. Extra costi per oltre 30 milioni di euro, sebbene il direttore lavori del cantiere ne consideri giustificabili appena 4,3. Eppure alla fine ogni dubbio viene lasciato da parte. La Cmc, senza partecipare a una nuova gara, ottiene i soldi per lavori di bonifica e di asportazione di terre che non erano compresi nel bando. E a pagare, con ogni probabilità, saranno i cittadini, nonostante i comuni di Milano e di Rho due anni fa abbiano votato di fare ricadere i costi per decontaminare le aree dell’Expo sui vecchi proprietari dei terreni.

Ritardi, spese extra. E poi scelte che non sono chiare. Il primo appalto per l’Expo, quello per la rimozione delle interferenze, ovvero la pulitura e la preparazione dell’area a cavallo tra Milano e Rho che nel 2015 ospiterà il grande evento, è stato vinto dalla Cmc per 58,8 milioni di euro, con un ribasso del 42,83 per cento rispetto alla base d’asta di 90 milioni. Un’offerta che ha destato sin da subito i sospetti della procura di Milano, che ha aperto un’inchiesta per turbativa d’asta. Un ribasso talmente spinto che anche il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, dopo il primo bando, ha messo in discussione le gare con massimo ribasso. Con margini così tirati, come fa un’impresa a rientrare anche solo dei costi? Una domanda che forse si sono fatti anche alla Cmc. Un anno dopo, in ogni caso, hanno battuto cassa a Expo 2015, la società pubblica che gestisce l’evento. Una richiesta piuttosto controversa, come appare dai documenti di cui è venuto in possesso ilfattoquotidiano.it.

Cda con tanti dubbi? Fa niente, meglio dire sì
Lo scorso novembre i dirigenti e gli amministratori delegati di Expo 2015 devono decidere se concedere o meno i 30 milioni in più che la Cmc vuole per continuare i lavori. Una decisione su cui pesa il rischio che nuovi ritardi compromettano ulteriormente il rispetto dei tempi verso l’esposizione universale. La cifra che ora Cmc chiede coincide all’incirca con lo sconto offerto per aggiudicarsi l’appalto. In cda arriva anche la relazione riservata del direttore dei lavori del cantiere che giustifica appena 4,3 milioni di extra costi.

Ma la Cmc ne vuole 30 e passa. A pesare sono soprattutto i 14 milioni di euro per il trasporto in discarica delle terre e rocce di scavo, che la società Expo 2015, in quanto inquinate, ha deciso di considerare come rifiuti piuttosto che bonificare in sito. E gli oltre 3 milioni di euro imputabili alla bonifica del suolo in quattro comparti all’interno dell’area. Tutti lavori che non erano stati inseriti nel bando di gara. Alla fine i membri del cda decidono di approvare gli extra costi. Come imprevisti. Nonostante le perplessità espresse non solo dal direttore lavori, ma anche dal responsabile dell’ufficio legale della società. Che in un parere spedito al cda, riguardo ai lavori di bonifica e di asporto di terre e rocce, ammette che “non può non osservarsi che non ricorrono i presupposti della imprevedibilità e della inevitabilità”.

In un’email il consigliere di amministrazione Fabio Marazzi scrive: “Le perplessità sulla vicenda sono tante e ritengo che una maggiore chiarezza potrebbe concorrere quanto meno ad attenuarle”. Massimiliano Nova, presidente del collegio sindacale, invia una nota di due pagine per elencare tutti i suoi dubbi. Anche il magistrato della Corte dei conti incaricato di controllare la gestione finanziaria della società, Maria Teresa Docimo, ha diverse perplessità, ma “ritiene – si legge nel verbale del cda – che sia prioritario e urgente che la società assicuri la prosecuzione dei lavori”. Tradotto: gli extra costi vanno riconosciuti perché il cantiere non può essere bloccato. La corsa a ostacoli verso l’Expo non può accumulare altri ritardi.

Imprevisti prevedibili: la bonifica dei terreni naturali e le terre di riporto
Nella documentazione recuperata da ilfattoquotidiano.it, grazie anche al contributo del centro sociale Sos Fornace di Rho, uno dei membri del comitato No Expo, ci sono aspetti poco chiari. Nel bando di gara, pubblicato nell’agosto del 2011, non c’è traccia dei lavori di bonifica. E infatti tali lavori, uniti al conferimento in discarica delle terre di riporto, ovvero degli strati più superficiali, saltano fuori più di un anno dopo come extra costi. Eppure nelle riunioni della procedura assistita di Via (valutazione di impatto ambientale) che si sono tenute a giugno e luglio 2011, prima della pubblicazione del bando ad agosto 2011, circolavano già i dati sulla contaminazione dei terreni ed era già stato espresso l’orientamento di considerare come rifiuti tutte le terre di riporto e, anziché bonificarle in sito, portarle in discarica. Tale scelta, sebbene fosse più cara di 3-6 milioni di euro, consentiva di accorciare i tempi del cantiere.

Sotto alle terre di riporto ci sono i terreni naturali. Anche questi presentano delle contaminazioni e i carotaggi del suolo eseguiti da settembre 2010 ad agosto 2011 avevano già mostrato in alcuni punti la presenza di idrocarburi pesanti. Il bando di gara di agosto però non ha messo in preventivo nessuna bonifica nemmeno sui terreni naturali. Il successivo piano di caratterizzazione individua ben 11 comparti da bonificare e per quattro di questi ora la Cmc ha già chiesto più di 3 milioni di extra costi.

Decontaminazione dei terreni, pagano i vecchi proprietari? No, i cittadini
Per ripulire le aree, insomma, si spendono almeno 17 milioni dei 30 che non erano stati messi in conto: 14 per portare via terre e rocce e 3 per bonifiche in sito. Tutto denaro che con ogni probabilità peserà sulle casse pubbliche. Perché Expo 2015 dovrà accollarsi gran parte degli extra costi, senza potersi rivalere sui vecchi proprietari dei terreni, Fondazione Fiera Milano e la famiglia Cabassi, che li hanno ceduti facendo un super affare da 151 milioni di euro. E anche qui non è tutto chiaro. Nuovi interrogativi vengono fuori se si legge l’accordo quadro tra Expo 2015 ed Arexpo, la società partecipata da comune di Milano, Regione Lombardia e Fondazione Fiera che ha acquistato i terreni per poi consentire ad Expo di costruire i padiglioni espositivi e organizzare l’evento.

Nell’accordo si scrive che le spese causate da “eventi inquinanti” verranno fatte ricadere sui precedenti proprietari dei terreni. Ma poi si pone un limite di 6 milioni alla somma che Expo 2015 potrà chiedere indietro. Il limite massimo deriva da una stima che non prende in considerazione i terreni di riporto, sebbene questi siano inquinati. Così Expo 2015, in virtù dell’accordo quadro, non potrà recuperare dagli ex proprietari dei terreni i 14 milioni extra causati dal loro conferimento in discarica.

Gran parte del prezzo per ripulire l’area dalle contaminazioni ricadrà quindi sui cittadini. Un’altra incoerenza. Quando a luglio 2011 i consigli comunali di Milano e di Rho hanno dato il via libera all’operazione Expo, hanno infatti approvano due distinti documenti per impegnare i rispettivi sindaci a mettere i costi di bonifica in carico ai responsabili dell’inquinamento o ai proprietari precedenti dei terreni. Senza nessun tetto. Perché l’accordo tra Expo 2015 ed Arexpo ha invece previsto un limite? “E’ del tutto evidente – commenta il presidente del consiglio comunale di Milano Basilio Rizzo – che quando abbiamo votato quella mozione sui costi di bonifica, intendevamo comprendere tutte le attività necessarie a ripulire l’area dagli inquinanti”.

Una vicenda da chiarire
Extra costi vicini allo sconto offerto nella gara d’appalto. Lavori di bonifica imprevisti, anche se da tempo circolavano i dati sulle terre contaminate. Pareri contrastanti nel consiglio di amministrazione. Un accordo tra Expo ed Arexpo che si limita a considerare 6 milioni di euro per le bonifiche, quando tra terre da bonificare e da asportare dal sito se ne spendono 17. Tutti aspetti che ilfattoquotidiano.it ieri ha cercato di chiarire con l’amministratore delegato di Expo 2015, Giuseppe Sala. Che però non ha voluto rispondere al telefono per affrontare la questione. Un no comment che arriva proprio nel giorno in cui il governo, nel suo ultimo consiglio dei ministri prima di passare le consegne a quello nuovo, ha approvato in tutta fretta una legge speciale per istituire un commissario unico con super poteri. Come quello di accorciare i tempi della gare o di sostituirle con appalti assegnati direttamente attraverso procedure negoziate. Il tutto alla faccia di controlli e trasparenza.     

twitter: @gigi_gno

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Giuseppe Sala, amministratore delegato Expo 2015 Spa

Caro Direttore,

l’articolo di Luigi Franco torna oggi su una vicenda già chiarita mesi fa, ma ne parlo volentieri nella speranza di rendere un nuovo servizio alla verità e alla trasparenza. Innanzitutto deve essere chiaro un punto: da fuori sembra tutto facile e tutto prevedibile, mentre quando lavori ad una operazione complessa come l’Esposizione Universale ti accorgi ogni giorno che quello di cui eri certo il giorno prima diventa subito più complesso e richiede ulteriori decisioni per essere affrontato.

È esattamente il caso delle scelte successive all’assegnazione della gara per la rimozione delle interferenze, una vicenda che ha presentato diverse novità una volta iniziati i lavori, sopravvenienze che non erano affatto note prima in quanto le stime operate dai progettisti hanno scontato, rispetto al momento di lancio della gara, la non ancora completa disponibilità delle aree e, di conseguenza, l’impossibilità di maggiori approfondimenti sullo stato dei luoghi.

Ma andiamo con ordine. In primo luogo non è vero che vi sono maggiori oneri per la collettività. Questo concetto deve essere chiaro a tutti. Infatti l’investimento pubblico italiano per l’Esposizione Universale del 2015 è stato fissato con la legge finanziaria del 2008 e si è ridotto, di circa 300 milioni di euro, su nostra iniziativa nel 2011, poiché siamo consci del diverso contesto in cui operiamo. Quindi ogni variazione all’importo di assegnazione di un affidamento avviene all’interno del budget generale a disposizione del nostro CDA. Inoltre va detto con chiarezza che i 28 milioni di euro riconosciuti a novembre a CMC rappresentano integralmente nuovi lavori ed attività in grado di rendere ancora più funzionale il Sito di Expo 2015, non prevedibili al momento della pubblicazione del bando di gara.

In particolare, riguardo alla qualità dei terreni erano stati fatti numerosi “campionamenti” previsti dai piani di indagine sui terreni, ma solo al termine delle suddette indagini e delle relative approvazioni da parte degli Enti (Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano, Comune di Rho, ARPA) è stato possibile definire con esattezza quali sotto-aree avrebbero dovuto essere sottoposte a bonifica. Considerato che le approvazioni in oggetto sono intervenute a dicembre 2011, circa 5 mesi dopo il lancio della gara per la rimozione delle interferenze, si è dovuto intervenire a posteriori. E’ ovvio che, se avessimo avuto tutti gli elementi informativi a disposizione per tempo, non avremmo esitato a costruire una gara di conseguenza, consci del fatto che a nessun Consiglio di Amministrazione fa piacere dover approvare successivamente varianti in corso d’opera.

Vengo infine ai dubbi espressi nelle nostre riunioni del Consiglio d’Amministrazione. Qui dobbiamo intenderci su un punto: o va bene che nessuno discute mai è qualcuno decide per tutti (e io non approvo questo metodo d’azione) oppure dobbiamo considerare le discussioni una ricchezza di pluralismo gestionale. È esattamente quanto ha fatto il nostro CDA: una discussione approfondita, durata ben cinque sedute, con alla fine una delibera presa all’unanimità. Non si può però dire che ci sono i dubbi e che, per questo motivo, essi siano la prova che la decisione sia è sbagliata. Questo ragionamento non sta in piedi. I dubbi, per fortuna, ci sono ma devono servire a decidere meglio. Esattamente quello che è successo.

Abbiamo una vastissima documentazione su questa gara e le decisioni poi intervenute. L’ing. Angelo Paris è a disposizione sin d’ora per consentire la consultazione di tutti i documenti che ci hanno condotto alla decisione. Per noi la trasparenza è tutto. Al tempo stesso però occorre andare avanti e realizzare il progetto, anche perché il mondo attende dall’Italia una grande prova di efficienza, correttezza, trasparenza e concretezza. Aiutateci dunque, facendo il vostro lavoro da controllori della buona gestione del pubblico. Sapendo però che il mestiere del decidere non è mai una passeggiata di salute.

Giuseppe Sala
Amministratore Delegato Expo 2015 SpA

La risposta di Luigi Franco

Dispiace innanzitutto che il dott. Sala, invece di affrontare la questione degli extra costi in una conversazione telefonica, abbia preferito scrivere una lunga lettera su una vicenda che, devo contraddirlo, mesi fa non era per nulla chiara. E che la sua lettera non aiuta a chiarire nemmeno ora.

Tra le altre cose, resta da capire come mai Expo 2015 abbia fatto un accordo con Arexpo in cui le spese per decontaminare i terreni non vengono fatte ricadere in toto sui vecchi proprietari, come chiesto dai comuni di Milano e Rho. Sala dice che i 28 milioni di extra costi “rappresentano integralmente nuovi lavori”. Viene allora da chiedersi perché lavori integralmente nuovi non siano stati oggetto di un nuovo bando di gara.

Nella lettera di Sala non c’è poi alcun riferimento al conferimento in discarica delle terre più superficiali. Peccato, perché è a queste terre inquinate che si devono ben 14 dei 28 milioni di extra costi. Del loro conferimento in discarica il bando dell’agosto 2011 non parlava, eppure almeno due mesi prima la decisione di trattarle come rifiuti anziché bonificarle in sito era già stata presa.