Renzi è andato vicino all’incarico di premier già questa volta, e molti pensano che presto lo diventerà. Ma qual è il fondamento della sua auto candidatura? Vuole guidare l’Italia, verso dove?

Riporto dalla sua intervista su Repubblica del 22 Aprile, Renzi: “Il Pd dica che governo vuole, eviti le formule. La smetta con gli aggettivi e inizi con i sostantivi. Si faccia avanti con le sue idee, e le imponga al nuovo governo”.

Tito: “Lei ha qualche suggerimento?”

Renzi: “Basta con le discussioni tecniche, basta annunciare provvedimenti di legge che poi non si realizzano mai. Bisogna semplificare e sburocratizzare. Nei primi cento giorni di governo si semplifichi la normativa sul lavoro…”

Tito: “Vuole misure più liberiste?”

Renzi: “Io voglio qualcosa che crei più occupati, che consenta ai giovani di trovare lavoro.”

Se un asino potesse ragliare di economia, non farebbe peggio. Renzi non sa che i liberisti hanno fallito, che la loro ricetta contro questa crisi non funziona, che in tutto il mondo, e persino sul Sole 24 Ore e sul Corriere della Sera sono derisi e in piena retromarcia, già dall’anno scorso? Nessuno osa criticare Renzi perché è l’astro nascente dal quale dipenderanno molte carriere. Ma nell’interesse del Pd e del paese bisogna che qualcuno gli spieghi alcune cosette. Scegliendo Luigi Zingales (Chicago University, stimabile microeconomista finanziario ma scarso macroeconomista) come autore del suo programma economico, ha scelto l’economista sbagliato nel momento sbagliato. Non si è accorto che persino Mario Monti verrà tenuto lontano dai ministeri economici, a causa dei danni che ha fatto?

Non ha ancora capito, dopo 5 anni, (non che l’eccesso di burocrazia è buono! Ma) che siamo di fronte a una crisi della domanda, per risolvere la quale ‘sburocratizzare’ ed altre politiche dell’offerta non servono a nulla? Lo rispiego. Le imprese non assumono perché non vendono i loro prodotti e hanno fin troppi dipendenti, non perché hanno di fronte ostacoli burocratici all’assunzione.

E invece:

Renzi: “Aboliamo le province, abbattiamo le burocrazie, organizziamo una lotta all’evasione fiscale a tutto campo”.

La lotta all’evasione è moralmente giusta ma non affronta minimamente la crisi della domanda. Non c’è nulla di meglio, per fregare gli elettori, che dire cose giuste (e banali). O anche sbagliate:

Tito: “Vuole l’elezione diretta (del Presidente della Repubblica)?”

Renzi: “Perché no? ”

Un giorno, uno si sveglia, e propone una cosa populista. Al diavolo gli equilibri costituzionali, sui quali hanno sudato per tre anni i padri costituenti, al cui studio dedicano la vita i costituzionalisti.

Renzi: “Non credo ci sia nulla di male…”.

Tutta la teoria liberale dello Stato, su cui si fondano 250 anni di democrazia occidentale e di libertà, messa da parte in un secondo (non dall’elezione diretta, che in opportuni contesti istituzionali si può fare, ma) dalla superficialità del nuovo ‘nuovista’ nostrano. Renzi chiede al Pd di mettere in campo una sua ‘visione’, ma la verità scomoda è che lui non ce l’ha. Tipico dei sindaci che immaginano di governare un paese come un ente locale, in scala più grande: deludono sempre. Ricordate Veltroni e Rutelli, bravi sindaci, modesti politici nazionali? Ma quelli almeno erano prudenti. Questo rampa: perciò è pericoloso.

Francamente, non sento il bisogno di un altro bravo venditore tutto comunicazione zero sostanza, tutto ‘tattica’ ma senza strategia. Possibile che gli italiani, dopo un ventennio Berlusconiano, dopo i fallimenti di Veltroni, non hanno capito che per risolvere i problemi seri ci vuole gente di spessore, gente che sa cosa dice, e tace quando non sa? Renzi mi ricorda il presentatore Cecchetto, ve lo ricordate? Non diceva niente, ma lo diceva in fretta. Non ce l’ho con Renzi per partito preso: vi dirò che ho trovato bellissima la sua lettera a Repubblica sul rapporto fra religione e politica. Ma gli amici non sono adulatori!

E c’è anche un problema morale. In Italia c’è gente che muore per la patria (i sindaci antimafia, ecc.). E ci sono sei milioni di italiani perfettamente qualificati per lavorare, che non trovano lavoro, perché i politici non sono capaci di concepire politiche economiche in grado di mantenere il sistema vicino alla piena occupazione. Ma non sono neppure capaci di fare un passo indietro, e assegnare gli incarichi in base alla capacità di risolvere i problemi. Che etica è mai questa? Che credibilità hanno, dunque, le promesse di mettere fine alla politicizzazione generale di tutto?

Lo dico anche nell’interesse del d: continuando a collezionare fallimenti ci si autodistrugge. E senza una strategia valida, una visione corretta del come uscirne, per quanto abili si possa essere tatticamente, il fallimento è inevitabile. Renzi sta crescendo, è vero, ma non abbastanza in fretta. Perciò, per rispetto verso i suoi concittadini, studi molto ma molto di più, prima di candidarsi a premier.

NB – Per un errore della redazione, questo post è stato pubblicato ieri privo del grafico e della parte successiva allo stesso. Ce ne scusiamo con i lettori e con l’autore

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