La Suprema Corte di Cassazione sembra inequivocabilmente convinta che il diritto alla salute debba venire prima di ogni altra cosa. Con una sentenza (n. 1873/2010 – Quarta Sezione Penale) senza mezzi termini stabilisce in modo perentorio che :
– ” … la direttrice del medico non può che essere quella di rapportare le proprie decisioni solo alle condizioni del malato, del quale è, comunque, responsabile
– i principi fondamentali che regolano….l’esercizio della professione medica, richiamano da un lato il diritto fondamentale dell’ammalato di essere curato ed anche rispettato come persona, dall’altro, i principi dell’autonomia e della responsabilità del medico, che di quel diritto si pone quale garante nelle sue scelte professionali…
– nel praticare la professione dunque, il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da esigenza di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità….
– a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ammalato
– il medico, che risponde anche ad un preciso codice deontologico, ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone, rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente e non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragionieristico”.
A metterci il classico “carico da 12” un’altra sentenza (n°11493/2013) che nel condannare un ginecologo che si era discolpato spiegando di essersi attenuto alle linee guida regionali ribadisce che:
le linee guida “non devono essere ispirate a esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il profilo del contenimento delle spese, in contrasto con le esigenze di cura del paziente”.
Il medico ha “il dovere di disattendere indicazioni stringenti dal punto di vista economico che si risolvano in un pregiudizio per il paziente”.
Confesso di essere un po disorientato. La Suprema Corte ci dice praticamente che il diritto alla salute è un valore supremo al punto che le prassi professionali non possono subordinarlo a nulla che lo condizioni negativamente. Ma se è così non resta che denunciare alla Suprema Corte tutti coloro che in questi anni hanno imposto alle professioni limiti, tagli, restrizioni, condizionamenti di ogni tipo buon ultimo il governo Monti che ci ha rifilato i tagli lineari, per non tacere del “pareggio di bilancio” diventato principio costituzionale che in situazioni di disavanzo autorizza di fatto a cancellare l’art 32 ,quindi la tutela della salute quale fondamentale diritto dell’individuo.
Riassumendo: da una parte la Costituzione addirittura ci dice che per raggiungere il pareggio di bilancio si possono pregiudicare, ancora di più di quanto già accada oggi, l’esercizio del diritto alla salute, dall’altra la Suprema Corte sentenzia che il medico deve ignorare qualsiasi impedimento leda la sua autonomia professionale perché il diritto del malato è sovrano. La Suprema Corte afferma che il medico deve operare in scienza e coscienza secondo lo stato dell’arte ma nelle aziende il medico opera in economia secondo le possibilità del budget condizionato da procedure economicistiche. Come la mettiamo? L’etica professionale fa la voce grossa con la Suprema Corte richiamando a gran voce l’importanza dei codici deontologici ma nel frattempo Enrico Letta il probabile nuovo primo ministro è sempre stato convinto che in sanità si debba fare “un pilastro privato complementare”, “La Repubblica” ci dice che sono più di 2 milioni le persone che rinunciano alle cure a causa dei ticket per i quali è prevista una ulteriore stangata di 2 miliardi di ticket aggiuntivi a partire dal 2014,e come se non bastasse 3,7 milioni di cittadini sono costretti a trasferirsi in altre Regioni per garantirsi cure adeguate, e da ultimo si inseguono le voci sulla soppressione del ministero della sanità.
Ma di cosa stiamo parlando? Lo sa la Suprema Corte che esiste il mondo alla rovescia? E che in questo mondo le sue impressionanti sentenze non valgono la carta sulla quale sono scritte?