Il superministero di Corrado Passera non c’è più. Forse per esigenze di spartizione, forse per presa d’atto dei fallimentari risultati del banchiere prestato alla politica, Enrico Letta torna all’antico, separando Sviluppo economico da Infrastrutture e trasporti. Sul primo spezzone chiama il sindaco di Padova, Flavio Zanonato, bersaniano per fede politica e anche per riconosciuto pragmatismo. Sul secondo lascia accomodare Maurizio Lupi, 53 anni, uomo di Cl, da sempre vicinissimo a Roberto Formigoni e alla Compagnia delle Opere.

La nomina di Lupi caratterizza il governo Letta in modo netto: chiude la strada a ogni ripensamento sulla politica delle grandi opere. L’ex assessore milanese è sempre stato schieratissimo in favore di ogni iniziativa che abbia un significativo contenuto di cemento. Il Tav prima di tutto, ma anche il ponte sullo Stretto di Messina, il Mose di Venezia, strade e autostrade e via elencando.

I critici della nuova ferrovia alta velocità della Val di Susa sono considerati da Lupi “un’Italia del no che non si rassegna e continua a lavorare contro il bene del Paese”, come disse nel giugno del 2011 dichiarandosi solidale con le forze dell’ordine “impegnate in queste ore a fermare una guerriglia inutile e dannosa”. Invece i critici del ponte sullo Stretto sono classificati dall’amico di Formigoni come “la sinistra dei no che bloccherà il Paese annullando tutti i passi avanti che abbiamo fatto in questi anni”, come spiegò nel 2006 all’insediamento del governo Prodi.

Lupi sarà adesso impegnato in spettacolari derby con i suoi colleghi di governo. Al ministero dell’Ambiente il tecnico Corrado Clini lascia in eredità al giovane turco Pd Andrea Orlando le delibere già pronte della commissione Via (impatto ambientale) che dovrebbero mettere la pietra tombale sul Ponte. Riuscirà Lupi a far riaprire la pratica in nome del sogno berlusconiano di indebitarci per generazioni per unire (ammesso che il progetto regga) Scilla e Cariddi?

Ancora più interessante è il derby che si profila con Zanonato. Il sindaco di Padova, 62 anni, è quello che si dice un vecchio comunista. La sera del 7 giugno 1984 era, giovane segretario provinciale del partito, a fianco di Enrico Berlinguer in piazza delle Erbe, quando il leader del Pci al termine del comizio fu colpito dal malore che gli risultò fatale. La sua carriera politica è legata quasi completamente alla città, salvo una parentesi a Roma, come responsabile dell’immigrazione, nei Ds guidati da Piero Fassino. È sindaco dal 2004, ma lo è già stato dal 1993 al 1999.

Zanonato è uno degli uomini forti dell’Anci, l’associazione dei Comuni, che entra al governo anche con il uo presidente, il sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio. E negli ultimi mesi il pragmatismo bersaniano di Zanonato si è ben sposato con la battaglia degli enti locali contro il miope rigorismo del governo Monti. Due le rivendicazioni principali: lasciare ai Comuni il gettito Imu, del tutto o in parte, e allentare il patto di stabilità interno per consentire almeno a chi può di fare qualche investimento che faccia girare l’economia locale.

Zanonato ha fatto la campagna elettorale sulla linea di Bersani: basta con le grandi opere inutili e costose, sono le piccole manutenzioni urbani che fanno girare l’economia e creano posti di lavoro. Mentre il ministero unico di Corrado Passera è stato del tutto consacrato a buttare altri miliardi nelle grandi opere (Torino-Lione e Terzo valico soprattutto), con i due ministeri distinti sarà subito duello tra il ciellino e il bersaniano su come usare le poche risorse disponibili: per far ripartire l’economia o per accontentare grandi imprese di costruzioni? Arbitreranno l’incontro Enrico Letta e, naturalmente, Giorgio Napolitano.

il Fatto Quotidiano, 28 Aprile 2013

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