“Non è ancora possibile escludere la possibilità che l’Italia possa chiedere aiuti alla Bce in futuro. Bisognerà verificare il mandato dell’esecutivo appena insediato e quindi la sua capacità di affrontare con decisione le imponenti riforme strutturali di cui il Paese avrebbe bisogno per migliorare la propria affidabilità” creditizia. Per ora, la situazione resta difficile”. Lo ha detto a La Repubblica Dietmar Hornung, analista responsabile per il rating dell’Italia di Moody’s.
Tra i provvedimenti più urgenti Hornung annovera quelli sul mercato del lavoro. “Noi non diamo suggerimenti su quale politica economica attuare. C’è un insieme complesso di misure che potrebbero impattare positivamente sulla competitività: pensiamo al mercato del lavoro. Da un lato eccessivamente regolamentato e dall’altro ancora vincolato ad accordi di categoria nazionali che potrebbero viceversa essere decentrati”, dice.
E poi il credito. “Le banche detengono ingenti stock di debito e sono incentivate a riacquistare titoli pubblici anziché assegnare il denaro alle aziende a prezzi ragionevoli”, dice indicando una delle cause primarie della stretta creditizia. “Le banche oggi sono vulnerabili a ulteriori shock e sono un elemento di pressioni sul rating anziché di supporto alla ripresa”, conclude.
Nella notte tra venerdì 26 e sabato 27 aprile l’agenzia aveva confermato il rating Baa2 per l’Italia, con prospettive negative. E aveva avvertito che lo stallo politico italiano può pesare anche sulla fiducia degli investitori, con il rischio di costringere il governo a cercare l’aiuto dell’Europa tramite l’Esm, il fondo salva Stati, e “potenzialmente la Bce”. Un’ipotesi, quest’ultima, “complicata” dalle difficoltà politiche perché ogni appoggio esterno “richiederebbe inevitabilmente un impegno credibile del governo a ulteriori riforme”.
L’analisi dell’agenzia di rating aveva poi dipinto un quadro severo per l’economia italiana, con una recessione più profonda delle attese. Moody’s ha infatti rivisto al ribasso le stime di crescita del prodotto interno lordo 2013 che dovrebbe contrarsi dell’1,8% rispetto all’1% precedentemente stimato. Una previsione peggiore anche a quella del Fondo Monetario Internazionale, che ha stimato per l’Italia un calo del pil dell’1,5%. La crescita – secondo Moody’s – tornerà solo nel 2014, quando il pil salirà di un modesto 0,2 per cento.