Adesso tutti a dire che un sottosegretario abile e furbo “vale più di un ministro di peso”, ma è solo un modo per stemperare una delusione cocente, che solo in alcuni casi (pochi, pochissimi a sentire le indiscrezioni dell’ultim’ora) potrà essere temperata da una nomina a sottosegretario. O a viceministro. E poi bisognerà vedere pure quale. Chi non se ne riesce a fare una ragione della trombatura arrivata quasi sulla salita del Quirinale, è Renato Brunetta. Il Cavaliere ha difeso con il suo corpo la nomina dell’ex ministro a responsabile del dicastero dell’Economia, ma Napolitano è stato spietato; niente ex ministri politici. Lasciata in un angolo anche Daniela Santanchè. Che l’ha presa male.

Vada pure il vedersi superare da Nunzia De Girolamo, che sicuramente non sa nulla di Agricoltura ma è moglie di Francesco Boccia, il primo cavaliere di Enrico Letta, però la Lorenzin è stato un duro colpo. Un “affronto” che potrebbe essere compensato da un sottosegretariato “di spessore”. Berlusconi la vorrebbe viceministro allo Sviluppo Economico, per blindare i suoi interessi da uno spaesato Zanonato che poco capisce, soprattutto di tv. Un ruolo di primo piano, dunque, per la prima delle “amazzoni”, così come il Pdl ambirebbe a tenere sotto controllo l’azione di Anna Maria Cancellieri alla Giustizia infilando a via Arenula uno come l’ex ministro Nitto Palma. Ma se lui dovesse cadere per l’ennesimo veto sugli ex ministri, allora da Palazzo Grazioli proporrebbero Augusta Iannini, moglie di Vespa, ex capo di gabinetto del ministero e ora all’Authority per la Privacy. Chissà se Letta potrebbe accettare. Qualcosa, poi, dovranno trovare per Mara Carfagna e Anna Maria Bernini, quest’ultima caduta ad un passo dalla meta e con poca, pochissima voglia di lasciar correre.

Certo, però, Enrico Letta di problemi ne avrà soprattutto a sistemare i tanti delusi del suo partito. O di quel che ne resta. Ci sono ancora diversi “lettiani”, come Marco Meloni, Alessia Mosca e Paola De Micheli, da sistemare, ma quel che più teme – forse – il neo premier, è di subire l’assalto da parte di quelle correnti Pd lasciate a secco. Stefano Fassina, per dirne uno. Si sentiva già ministro del Lavoro e poi ecco sbucare (quasi) dal nulla un “tecnico” come Giovannini. Forse il sottosegretariato al ministero di via Veneto glielo daranno. E con lui i “turchi” potrebbero essere sistemati. Che fare, però, dei “dissidenti” tipo Zoggia e Puppato che, alla fine, hanno deciso di votare la fiducia al governo? Sono ore frenetiche per gli aspiranti numeri due: per uno strapuntino di successo fanno di nuovo capolino vecchie conoscenze come Giorgio Merlo, ex parlamentare di lungo corso piddino non più ricandidato, ma uomo macchina di Franco Marini.

Non disdegnerebbe la promozione Giacomo Portas che, da leader dei Moderati, afferma ogni due per tre la propria granitica fedeltà alla coalizione. Stessa musica per Riccardo Nencini, leader dei Socialisti, trombato sulla soglia del ministero dell’Ambiente. L’Agricoltura è poi l’ambito sul quale ha puntato gli occhi Massimo Fiorio, astigiano, tre legislature sul groppone, che potrebbe però subire la concorrenza di un concittadino illustre, il dietologo-nutrizionista Giorgio Calabrese. Non ha mai smesso del tutto di pensare a un suo ritorno ministeriale anche Gianfranco Morgando, ex sottosegretario all’Industria (con D’Alema) e Tesoro (nell’Amato II), mentre è data quasi per certa Ilaria Borletti Buitoni alla Cultura. Chi coltiva poi il sogno di un vice-ministero allo Sviluppo economico (o, in subordine alle infrastrutture) e’ il neo parlamentare di Scelta Civica Paolo Vitelli. Il patron dell’Azimut non fa mistero che nelle condizioni d’ingaggio, da parte dell’ex premier Mario Monti, ci fosse proprio la promessa di un incarico di primo piano. I bocconi amari per Letta junior, par di capire, non sono affatto finiti…

da Il Fatto Quotidiano del 29 aprile 2013

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