Il presidente dell'istituto senese che ha ricevuto oltre 4 miliardi di euro dal Tesoro: "Ce la dobbiamo fare è l'unico modo per mantenere indipendente la banca e la sede a Siena”
Mentre a Roma Enrico Letta annuncia che l’Imu da giugno scomparirà, a Siena il presidente del Monte dei Paschi, Alessandro Profumo incrocia le dita sul rimborso di quattro miliardi di Monti bond, cifra corrispondente grosso modo all’incasso che il governo uscente ha intascato dalla tassa sulla casa.
All’assemblea dei soci, Profumo sul tema ha detto chiaramente che “nulla è scontato”, ma c’è la “possibilità di vincere la sfida per rimborsare” il debito contratto con lo Stato che, in caso di mancata restituzione del prestito, diventerebbe il primo socio della banca senese. “Ce la dobbiamo fare – spiega Profumo ai soci – è l’unico modo per mantenere indipendente la banca e la sede a Siena”.
Argomento, quest’ultimo, particolarmente sentito nel capoluogo toscano dove la Fondazione Mps, primo socio della banca con il 37,56%, dovrà fare i conti con l’aumento di capitale che si prospetta all’orizzonte del 2014. Un’operazione che dovrebbe portare nel capitale dell’istituto senese nuovi azionisti. “Soci non bancari”, ha spiegato Profumo che assieme all’amministratore delegato, Fabrizio Viola, punta a cambiare le regole del gioco nel capitale di Mps.
Attualmente, però, per statuto, solo la Fondazione può avere una quota superiore al 4% di Rocca Salimbeni, ma l’obiettivo del management è rimuovere la soglia massima rendendo la banca contendibile ed interessante per i grandi investitori. Tuttavia per il presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini, il cambiamento della clausola del 4% è solo una “opinione personale” espressa da Viola.
Detta in altri termini, la Fondazione, pur navigando in acque tempestose (331 milioni di euro la perdita del 2011) non è intenzionata a ridimensionare il proprio ruolo in Mps. Non solo: “La Fondazione – ha dichiarato Mancini – non rinuncerà alla scelta dei soci per la banca”. In altre parole, chi metterà il denaro nella banca senese, dovrà essere gradito agli enti locali, Comune e Provincia, grandi elettori della Fondazione.
Ma l’ente guidato da Mancini, che ha dato l’ok all’azione di responsabilità verso gli ex vertici di Mps, non può’ permettersi errori: la Fondazione “fallirebbe se il Tesoro entrasse nell’azionariato della banca. Si parla sempre di alcune cose senza riflettere sulle conseguenze ed in questo caso la Fondazione avrebbe più debiti di quanto non avrebbe all’attivo”, come ha spiegato Profumo lasciando intendere i grossi rischi che corre l’ente senese. E Mancini ne è consapevole. Non a caso ha esortato il management ad andare avanti rapidamente nel piano di ristrutturazione della banca: “Il raggiungimento degli obiettivi del piano è infatti vitale sia per il mantenimento dell’indipendenza strategica della banca che per il futuro della Fondazione”.
L’eco della giornata senese è arrivato fino a Roma. Così, mentre due rappresentanti statunitensi della Banca Nomura erano a colloquio nelle stanze della Procura di Siena per far luce sull’affaire derivati, nella capitale il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, ha dichiarato che “l’affermazione del presidente di Mps, Profumo, secondo cui la restituzione del Monti bond di 4 miliardi non è scontato, costituisce una prospettiva gravissima”. E poi ha aggiunto: “La somma che lo stato italiano, dunque i cittadini, ha messo a disposizione per salvare la banca, equivale all’Imu pagata per la prima casa. Forse sarebbe stato meglio nazionalizzare Mps. In ogni caso, questa vicenda deve entrare con la massima urgenza nell’agenda del governo che dovrà chiedere chiarezza ai vertici di Mps”.
Insomma, il braccio di ferro fra politica nazionale, locale e management di Mps è appena iniziato. E la Borsa lo ha già intuito spingendo il titolo al rialzo del 6,88 per cento mentre i conti, approvati dall’assemblea, testimoniano una perdita netta da oltre 3 miliardi di euro.