Ci sono i topi di fogna annidati nella Rete che, nascosti dietro l’anonimato, violano le password, entrano nelle caselle di posta elettronica di Giulia Sarti, una ragazza di 26 anni che ha l’unico torto di essere stata eletta deputata nel maggior movimento di opposizione al sistema, e pubblicano le sue foto intime, la sua corrispondenza privata e politica, infrangendo due volte la legge: quella che protegge la privacy di ogni cittadino e quella che tutela la riservatezza delle comunicazioni del parlamentare (che può essere violata solo per ordine di un giudice e previa autorizzazione delle Camere). E poi ci sono i loro complici in certi giornali, anche “autorevoli” e “indipendenti” tipo il Corriere della Sera. Che, non potendo divulgare la spazzatura che gira per il web, fa anche di peggio: si trincera dietro i tweet che la riprendono distorcendola e falsificandola, e li pubblica come fossero Vangelo. Antefatto. Il 20 o il 21 febbraio, poco prima delle elezioni, Pancho Pardi, che conosco dai tempi dei girotondi, non essendo ricandidato mi invia una mail con i curricula di alcuni giovani dell’ufficio legislativo del Senato che collaboravano con lui in materia di giustizia e conflitti d’interessi, chiedendomi se conosca qualche neoeletto del M5S a cui girarli. Mi procuro la mail della Sarti, che avevo conosciuto anni fa a un incontro del meetup di Bologna, e le giro la mail di Pancho. Fine, morta lì.
L’altroieri, mentre sono al festival del giornalismo di Perugia, mi chiama un collega di Libero, Matteo Pandini, e mi racconta che nelle mail hackerate alla Sarti ce n’è una mia. Gli racconto quell’episodietto e dico: se vuoi, pubblica pure tutto, è vietato ma non ho nulla da nascondere. Ieri, sulla prima pagina di Libero, trovo un enorme disegno che mi ritrae vestito da postino mentre consegno a Beppe Grillo una busta con la scritta: “Raccomandati”. Titolo: “Anche Travaglio finisce nella Grilloleaks”. Naturalmente è tutto falso: non ho mai conosciuto nessuno di quei giovani, né dunque ne ho mai raccomandato nessuno, tantomeno a Grillo, né ho mai saputo che esito abbia avuto la mail di Pardi, né me ne importa nulla. L’articolo di Pandini a pag. 15 s’intitola: “Grilloleaks: svelati i segreti di Travaglio e Pardi”. All’interno c’è la mia intervista, il cui titolo lascia pensare a chissà quali mie colpe e a chissà quanti messaggi (“L’ammissione: ‘È vero, sono i miei messaggi’”). Ma almeno chi legge capisce quel che è accaduto. Poi apro il Corriere della Sera e a pag. 13 trovo il seguente sommario: “L’accusa su Twitter: segnalazioni a Grillo tramite Travaglio e Pardi. Ma la ‘cittadina’: rapporti cristallini”. L’articolo di tal Emanuele Buzzi recita testualmente: “Le mail stanno facendo il giro del web. E c’è chi segnala diversi spunti. Alcuni riguardano anche ex parlamentari e giornalisti, come Pancho Pardi e Marco Travaglio. Adriano Bizzoco scrive su Twitter: ‘m5sleaks: Sarti gira i cv a Pardi che gira a Travaglio che gira a Grillo per provare ad assumere collaboratori’”. Basterebbe vedere la mail hackerata e pubblicata online dai topi di fogna per scoprire che è tutto falso.
Ma questo evidentemente al Corriere non interessa: infatti, anziché dire come stanno le cose, preferisce citare il tweet di tal Bizzoco che stravolge e ribalta completamente la realtà: la Sarti avrebbe ricevuto la mail da Pardi e l’avrebbe girata a me e io l’avrei inoltrata a Grillo per fargli assumere quei tizi (che fra l’altro non han bisogno di essere assunti, visto che già lavorano stabilmente all’ufficio legislativo del Parlamento). Cose da pazzi. Il pezzo di Buzzi è tutto un poema: la Sarti, cioè la vittima di un grave delitto, viene interrogata e invitata a discolparsi, come se il reato l’avesse commesso lei: “… Lei ammette: ‘Sì, certo che scrivo a Grillo’”, come se questo fosse un crimine. E ancora: “Non le è sembrata un’ingenuità lasciare nella posta immagini private o materiale politico?…”. Nemmeno una telefonata al sottoscritto per verificare i fatti, evidentemente poco interessanti, anzi controproducenti: e così il giornale di Belpietro si dimostra addirittura più corretto, o meno scorretto, di quello di De Bortoli.
Ma non è finita. Ieri, per la prima volta nella sua storia, il sito web de l’Unità riprende in homepage il disegno e il titolo di Libero con il falso su Travaglio che raccomanda qualcuno a Grillo. Questi poveretti che devono far digerire agli eventuali lettori il governo Pd-Pdl non si fermano di fronte a nulla. Complimenti per la coerenza. E così gli stessi giornali, dal Corriere a l’Unità, che fino all’altroieri reclamavano a gran voce la distruzione delle intercettazioni legali e legittime delle telefonate Mancino-Napolitano (regolarmente disposte da un giudice), pubblicano notizie -per giunta false- su mail private illegalmente carpite da hacker senza scrupoli, cioè diventano ricettatori di corpi di reato per sputtanare il maggiore gruppo di opposizione e un giornalista che osa criticare l’inciucio di regime nato proprio ieri. Morale della favola: le intercettazioni legali sul potere si bruciano, quelle illegali sugli oppositori si pubblicano (e i servizi segreti se li pappa Alfano, cioè B., mentre per nessuna ragione al mondo il Copasir deve andare ai 5Stelle, altrimenti magari controllano).
Intorno, tutto tace: zitti i custodi della privacy a targhe alterne, zitte le vestali della sacralità del Parlamento a seconda delle convenienze, zitti i tutori della correttezza e completezza dell’informazione quando fa comodo a lorsignori. Basta immaginare che accadrebbe se le caselle di posta violate fossero quelle di B. o di Enrico Letta, o se le manipolazioni colpissero qualche direttore dei giornaloni allineati. Nel 1996, per lubrificare l’inciucio della Bicamerale, Berlusconi si presentò alle telecamere esibendo un cimicione, sostenendo di essere stato spiato: l’intero Parlamento insorse contro l’inammissibile lesione dei diritti dell’opposizione, stigmatizzata con toni drammatici dal presidente della Camera Violante, che convocò l’assemblea in seduta straordinaria. Poi si scopri che era una patacca. Ora invece nessuno dice nulla contro lo spionaggio ai 5Stelle. Occorrono ben altri attentati alla democrazia per scatenare le ire congiunte di Grasso e Boldrini: tipo la denuncia di Franco Battiato sulle mignotte in Parlamento, prontamente sanzionata col licenziamento dall’apposito Crocetta. È persino superfluo spiegare perché tutto ciò avviene, e perché proprio ora. Qualcun altro, non abituato a queste porcherie, si spaventerebbe. Noi, che ci abbiamo fatto il callo dai tempi del Sismi e Security Telecom, non ci spostiamo di un millimetro (se non per portare in tribunale questi topi di fogna). E vediamo chi si stufa prima.
il Fatto Quotidiano, 28 Aprile 2013