“Euro sì. Morire per Maastricht”. Questo potrebbe essere il vero programma del governo Letta, e invece è il titolo (purtroppo profetico) di un suo libro pubblicato nel 1997 per Laterza. In cui sosteneva che gli italiani devono essere pronti a sacrificarsi fino a morire in nome dell’euro. Oggi invece il primo ministro Enrico Letta propone di rilanciare l’economia e contemporaneamente di ridurre anche il debito pubblico, per rispettare i rigidissimi vincoli dettati dalla moneta unica euro-tedesca. Non occorre essere osservanti della scuola keynesiana per comprendere che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Da Keynes in poi sappiamo che in tempi di crisi è puro populismo promettere di tagliare la spesa pubblica e rilanciare l’economia. Il giovane Letta propone di tagliare le tasse e contemporaneamente di diminuire il deficit: cioè di tagliare la spesa pubblica. Ma allora come farà a dare lavoro alle giovani generazioni e alle donne? A dare il reddito minimo garantito alle “famiglie più bisognose”? Anche il capitalismo compassionevole ha bisogno della spesa pubblica, e quella italiana è inferiore alla media europea.
Letta ha ricevuto dal presidente Giorgio Napolitano il mandato esplicito di fare rimanere a tutti i costi l’Italia nell’eurozona, e sa perfettamente che l’euro, la moneta unica di marca tedesca, è la causa principale della attuale crisi italiana ed europea. Nutre la speranza, o meglio l’illusione, di avere margini di manovra all’interno di questa eurozona guidata dal governo di centrodestra di Angela Merkel. Ma la Merkel e la Bundesbank spingono l’acceleratore verso l’austerità, non verso il rilancio dell’economia. Vogliono riscuotere rapidamente i loro crediti, anche a costo di rovinare la costruzione dell’Unione Europea. In questo contesto anche il Financial Times la vede dura per Letta. Scrive Wolfang Munchau sul FT del 28 aprile: “paradossalmente la sola maniera di rendere sostenibile la posizione attuale dell’Italia nell’eurozona consiste, in linea di principio, nella minaccia di essere pronti a lasciare l’euro. Se invece, per principio preso, il governo italiano scarta questa opzione, aumenta davvero per l’Italia la probabilità di uscire dall’euro, perché c’è una minore pressione sui paesi dell’eurozona nell’attuare i cambiamenti necessari”. Letta farà da subito un giro presso le cancellerie europee: dovrebbe contraddire la sua posizione del ’97 e fare capire che non siamo disposti a morire per Maaastricht: la moneta unica va cambiata radicalmente a costo di spezzare un euro che è divenuto una catena per la cooperazione europea e l’Europa dei popoli.