Quasi 18 mila euro netti per un mese e mezzo di attività parlamentare, vale a dire undici sedute d’aula per l’assenza delle commissioni. Ecco il primo stipendio che hanno ricevuto i deputati per il periodo che va dal 15 marzo al 30 aprile, comprensivo di indennità pari a circa 7.500 euro più altri 11 mila euro per la diaria e il rimborso per l’esercizio di mandato, così come è previsto dal trattamento economico vigente. Gli onorevoli del Movimento 5 Stelle, ligi all’impegno preso prima delle elezioni, dovranno prendere mezzo malloppo e restituirlo allo Stato. Così, mentre Roberta Lombardi, la capogruppo alla Camera, ha pubblicato i compensi sul suo blog, c’è chi va oltre rinunciando anche ad una parte delle altre voci. “Io di questi 18 mila euro ne dovrei restituire circa 11 mila – spiega ai microfoni de ilfattoquotidiano.it Simone Valente del M5S. Ma tra i deputati c’è chi non ha ancora controllato e verificato l’accredito: “Non ricordo precisamente quanto ho preso”, racconta Irene Tinagli, deputata di Scelta Civica. “Comunque – sottolinea – aspettiamo indicazioni per capire se restituire qualcosa al partito”. Più chiare le indicazioni dei deputati del Pd: restituiranno una parte del trattamento economico al partito nonostante i rimborsi elettorali. Anche gli onorevoli di Sel contribuiscono con il loro stipendio ad alimentare le casse del partito che, tuttavia, ha sospeso di ricevere i rimborsi. Diverso il discorso in casa Pdl. “Noi lavoriamo come gli altri italiani, spiega il deputato Ignazio Abrignani. Non vedo perché dovrei restituire qualcosa. Il nostro compenso? È così da 40 anni” di Manolo Lanaro e Nello Trocchia
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