La crisi non deve essere una scusa per l’immobilismo e gli egoismi. Il segretario della Fnsi Franco Siddi ha recentemente raccontato, in un più di una occasione, che alla stampa si potevano evitare alcuni esuberi se i giornalisti avessero rinunciato a una parte dei benefit aziendali, tipo polizza assicurativa casco, quella che ti paga i danni anche se hai torto, o il cambio gomme invernali.
La notizia ha dell’incredibile se non venisse dal massimo esponente della categoria sindacale giornalistica. I giornali in crisi continuano a chiedere esuberi e prepensionamenti (in passato fatti anche con i soldi dei contribuenti, con scivoli previdenziali che costano centinaia di migliaia di euro) ma non si vuole rinunciare a niente. Siamo una categoria che dà il buon esempio o solo consigli e opinioni?
Si sente sempre dire che la coperta è corta. Che non ci sono soldi. Ma la coperta si può pur sempre spostare. Un esempio, sempre nella categoria dei giornalisti, è il blocco dei mutui dell’ente previdenziale. Per esaurimento fondi. Nel 2013 il budget stanziato dall’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti (intitolato al martire antifascista Giovanni Amendola), per i mutui degli iscritti (assunti o pensionati), è già esaurito. Colpa della stretta creditizia che spinge i giornalisti a rivolgersi in massa all’Inpgi non dell’istituto. Che anzi ha aumentato gli stanziamenti.
Ebbene, come diceva, Cernisevskij ben prima di Lenin, sto delat, che fare? Circa il dieci per cento di questi mutui vanno per le seconde case e le ristrutturazioni. Basterebbe stabilire criteri di accessibilità che privilegiano le prime case e i redditi bassi. Un conduttore di tg potrà ottenere il mutuo anche dalla banca. Insomma i margini per operazioni di stampo solidale e inclusive, non esclusive, ci sono. Magari strettissimi ma ci sono.