So che quando sconfino nell’arte, qualcuno mi riprende, altri si arrabbiano, qualcuno, più indulgente, mi consiglia di permanere nel territorio letterario. Ma questa volta non posso proprio esimermi dallo sconfinamento. Sono andata a Roma a vedere la mostra alle Scuderie del Quirinale su Tiziano. E’ bellissima, ci sono dei quadri strepitosi e viene fuori la carriera di un genio che ha cercato tenacemente tutta la vita un proprio linguaggio, sperimentando con enorme perizia tratti, pennellate, colori.
Vorrei raccontare di un quadro che mi ha folgorato e vorrei che chi fosse andato a vedere questa mostra mi dicesse se è stato colpito allo stesso modo.
Il quadro di cui parlo si chiama Il concerto interrotto dipinto intorno al 1508. Su fondo nero (il nero del mantello del personaggio centrale sul nero dello sfondo è per me un miracolo, che avviene anche in altre tele di Tiziano; si vede il nero nel buio? Sì. Lui lo fa vedere. Stupefacente).
Dal buio si stagliano tre figure: la prima guarda verso di noi, è un giovinetto dall’aria lievemente ironica, sembra divertito e qualcuno sostiene che non sia stato fatto da Tiziano. La figura che non riesco a togliermi dalla testa è quella centrale. E’ un uomo adulto, ha le mani, bellissime, poggiate sulla spinetta. Alle sue spalle si leva la mano di un religioso a toccargli la spalla e lui si volta a guardare chi lo tocca. Quegli occhi, con il bianco dell’iride e l’inclinazione perfetta della testa denunciano una maestria straordinaria. Ma non è solo questo.
C’è un mistero nella tela che non riesco a svelare. Quella testa mi ricorda l’occhio un po’ folle di una bestia portata al macello, lo sguardo di un uomo interrotto durante l’unico momento di pace che gli concede l’esistenza. Mi sembra di avere dentro quella luce che affiora quando qualcuno mi interrompe nel momento in cui sono più concentrata nello scrivere. Esprime sofferenza, ribellione, fastidio. Mi piacerebbe avere una grande riproduzione del quadro e appenderla sulla porta dietro la quale c’è il mio computer. Come tacita preghiera di non disturbarmi.
La severità del volto del monaco (agostiniano?) che lo interrompe sembra sottolineare un’autorità indiscutibile. Mi fa pensare al gesto dell’insegnante che sorprende l’allievo perso nei suoi sogni. C’è come un imperioso richiamo alla realtà in quel gesto. Anche il monaco ha in mano uno strumento musicale, un liuto e dunque può capire quanto sia importante non disturbare qualcuno immerso nel suo mondo espressivo. Ma il piacere che può suscitare la propria musica ha qualcosa di peccaminoso?
Per questa opera si è fatto il nome di Giorgione con cui Tiziano ha lavorato i primi anni veneziani per gli affreschi del fondaco dei Tedeschi, qualcuno sostiene che al quadro hanno lavorato entrambi. Può darsi.
La mostra chiude il 16 giugno.
Come postilla di questo post (permettetemi il gioco di parole) vorrei aggiungere due cose relative ai commenti al post precedente dedicato al Piccolo Principe. Certo che la persona che mi aiuta è regolare, le pago i contributi, la tredicesima, le ferie e la liquidazione. Non vedo come potrebbe essere altrimenti. A chi invece l’ha chiamata serva, non rispondo.