Nelle ultime settimane il mondo della pallacanestro americana è stata il teatro, sulla medesima rivista Sports Illustrated, di due coming out dagli effetti assai diversi. Enorme riverbero mediatico internazionale per la bellissima lettera-confessione scritta dal cestista Jason Collins e pubblicata sull’edizione cartacea e web di Sports Illustrated, che inizia in modo semplice e dirompente: “Sono un pivot dell’NBA di 34 anni. Sono nero. E sono gay.”
Quasi sotto silenzio – almeno in paragone – è invece passato il coming out di Brittney Griner, fatto in una videointervista con Maggie Gray. Eppure è Griner la vera fuoriclasse della pallacanestro: 23 anni, alta due metri e tre centimetri e 50 di piede, è la prima donna al mondo ad aver segnato 2000 punti e ad aver bloccato 500 tiri, numeri che l’hanno fatta entrare nel guinness dei primati del basket mondiale. Fra gli altri riconoscimenti, nel 2012 Griner è stata eletta “giocatrice dell’anno” e miglior giocatrice della Final Four. Nessuno mai è riuscito in tanto. Con tutto il rispetto per il potente Jason Collins e il suo meraviglioso fisico da 2.13, i suoi numeri sono sideralmente lontani da quelli di Griner, a cominciare dall’età, 34 anni, dalle sole 38 partite giocate in media per 10,1 minuti nell’ultima stagione (la sua dodicesima nell’NBA) e con una media punti clamorosamente bassa di 1,1 a partita e 1,6 rimbalzi. Per i poco avvezzi alla pallacanestro: Griner oggi è per il basket mondiale, una specie di Pelè 23enne nel fiore della carriera, mentre Collins è una sorta di Toninho Cerezo al termine della sua ultima partita con la Sampdoria.
Nonostante questa oggettiva differenza di qualità sportiva fra Griner e Collins, è Collins ad aver ricevuto una valanga di messaggi ufficiali di sostegno e condivisione, a cominciare dalla sua ex compagna di classe a Stanford, Chelsea Clinton, passando per i messaggi di Kobe Bryant, di virtualmente tutti gli sportivi di fama internazionale d’America e non solo, fino addirittura al Presidente Barack Obama e della first lady, Michelle. Come se non bastasse, nell’intervista di Griner la cestista ha anche dichiarato di essere stata vittima di bullismo quando era più giovane, a causa delle sue dimensioni fisiche non comuni: “E’ stata dura. Essere presa di mira perché ero differente. Perché ero più alta e grossa delle altre, per la mia sessualità, per tutto.” E anche lei, come pure l’ottimo Collins, ha rilasciato un messaggio progressista di speranza, rivolto a tutti i gay e le lesbiche nell’armadio: “Come ho già detto, siate chi siete. Non preoccupatevi di ciò che gli altri diranno, perché la gente avrà sempre qualcosa da dire su di voi, ma se siete sinceri con voi stessi, lasciatevi brillare per ciò che siete dentro. Non nascondete chi siete.“
Allora perché tutta questa differenza di trattamento politico e mediatico fra i due cestisti? Semplice e triste: perché il luogo comune è quello del titolo: la gente ritiene che gli atleti uomini non possono essere gay, mentre ritiene che le donne atlete lo sono tutte. Quindi, paradossalmente, mentre il coming out di Jason Collins ha contribuito ad abbattere uno stereotipo tanto sciocco quanto duro a morire, il coming out di Brittney Griner ha contribuito a rafforzare un altro stereotipo dello stesso genere. Ecco perché il coro di osanna per Collins non ha visto la partecipazione di nessuna famosa donna atleta eterosessuale: se si fossero azzardate a esprimere solidarietà al cestista, la gente avrebbe pensato si trattasse di un’ammissione del loro lesbismo.
E’ tempo allora che la società chieda scusa tutti gli atleti e le atlete gay e bisessuali costretti a nascondersi, ma anche a tutte le atlete eterosessuali che sono state etichettate come “maschi mancati” o “lesbiche” solo per via dei loro risultati sportivi eccezionali. In Italia, terra di sconfinate discriminazioni omofobiche, sarebbe anche tempo di vedere campagne ministeriali contro l’omofobia in generale e nello sport, uno dei settori dove alligna maggiormente.
E’ anche per questo che il macroscopico errore politico del governo Letta di nominare proprio come sottosegretario alle Pari Opportunità un personaggio del circo degli asini berlusconiani – un vero sottosegretario alle papi opportunità – è triplamente grave e imporrebbe le dimissioni immediate di Micaela Biancofiore a causa delle affermazioni omofobiche e transfobiche grazie alle quali ci ricordiamo della sua nullità.