In America sul web si recensiscono le prigioni. Dalla qualità del cibo alla segnalazione di abuso sui carcerati. Accade su Yelp, social network e motore di ricerca con 100 milioni di visite a gennaio 2013, che raccoglie le pagelle degli utenti. In Italia il sito è utilizzato soprattutto per commentare ristoranti e hotel, mentre negli Stati Uniti dà spazio a lamentele di ogni sorta. Dagli alberghi alla vita notturna, fino ai mezzi di trasporto pubblici e, appunto, ai penitenziari. Un sistema di recensioni aperte che dà voce ai carcerati, spesso costretti al silenzio anche se vittime di abusi, e che rivela le falle delle carceri americane. Il Prison Litigation Reform Act del 1996, infatti, prevede che non possano essere denunciati abusi se prima non sono esauriti tutti i tentativi di “reclami” interni. Che spesso, però, si rivelano inaccurati o sono del tutto inefficaci per risolvere situazioni di disagio.
Nel 2012, ad esempio, un uomo ha denunciato su Yelp che 5 guardie carcerarie di Men’s Central a Los Angeles l’hanno picchiato e poi deriso e a seguito della segnalazione la polizia ha avviato le indagini. Altre “recensioni” invece si riferiscono a infestazioni di ratti, atti di razzismo e violenza. A New York, invece, un utente riporta di essere stato costretto a mentire sui sintomi, in modo tale che non gli fossero fornite cure mediche. Altre accuse di gravi maltrattamenti vengono da Austin, Texas, dove una donna è stata minacciata con un tronchese e tenuta legata per ore.
A tutela dei diritti dei carcerati e per prevenire abusi e violazioni, a New York la Correctional Association visita ogni anno 60 penitenziari e svolge indagini in media su 55mila detenuti che restano anonimi. Grazie a queste ispezioni si è scoperto, ad esempio, che alcuni detenuti con problemi psichiatrici, anziché ricevere cure appropriate, sono stati confinati e isolati. “Il punto è che non tutti gli Stati hanno associazioni esterne che eseguono questi controlli, e i sistemi interni spesso non funzionano”, ammette Jeck Beck, capo dell’associazione newyorchese. Anzi, aggiunge, “spesso i reclami invitano a ritorsioni sui carcerati da parte del personale”. Secondo David Fathi, direttore del National Prison Project, Yelp è utile: le carceri sono sistemi chiusi, e l’assenza di supervisioni esterne facilita maltrattamenti e abusi. L’avvocato californiano Robert Miller, che ha visitato 17 prigioni e ne ha recensite tre su Yelp, è favorevole ai commenti sulla piattaforma: “Possono aiutare a educare i professionisti che lavorano nelle carceri – osserva – e informare il pubblico delle condizioni dei detenuti”. Inoltre, conclude, “fa aumentare la consapevolezza di alcuni problemi e porta trasparenza in un sistema ancora molto opaco”.
di Olga Mascolo