Il edicola sul fatto di lunedì 6 maggio: viaggio tra le chiese e il patrimonio storico di Napoli: tra strutture chiuse, abbandonate o semplicemente lasciate a se stesse. E poi il movimento 5 stelle e il rapporto con fabbriche e lavoro, le lettere dei condannati a morte americani, la fine dei fotoreporter nei giornali. E lunedì mattina, sondaggio sul sito: quale partito o sindacato difende di più il vostro lavoro?
Centri di declino
Ormai in Italia tutto sembra normale. Perfino che 200 chiese (su 500) nel centro storico di Napoli siano chiuse semplicemente perché vanno a pezzi. Perché non ci sono i soldi per metterle a posto. Ormai sono state abbandonate al loro destino. Reportage esclusivo per raccontare l’incredibile sorte di Napoli, che va a pezzi sotto gli occhi di tutti. Chiese e palazzi chiusi, intrappolati tra transenne e impalcature. Chiostri trasformati in parcheggi perfino delle auto delle forze dell’ordine. Un patrimonio abbandonato davanti a tutti, in attesa che sia dimenticato. Che crolli nel silenzio. Napoli, ma non soltanto: viaggio nelle strade di Palermo, di Venezia, capitale mondiale del turismo, ma minacciata fino alle fondamenta. Non importa che i nostri centri storici ci portino denaro, che il turismo sia la nostra più grande industria e produca il 15 per cento del pil. Non importa che il centro delle nostre città sia anche il cuore del nostro essere cittadini. Tradire le città è tradire noi stessi.
Grillo nelle fabbriche
La crisi morde i polpacci. Ogni giorno si perdono migliaia di posti di lavoro. Le fabbriche chiudono, riducono il personale. Viaggio tra gli operai, per capire a chi si affida la classe lavoratrice una volta simbolo e oggi da troppi dimenticata. Con la crisi dei partiti tradizionali, con il dibattito sul ruolo dei sindacati, in molti chiedono aiuto al signore della Protesta: Beppe Grillo e il Movimento Cinque Stelle nelle fabbriche sono ormai il punto di riferimento.
“Amico mio caro, che mi tratti come un essere umano”
Le lettere dei condannati a morte delle carceri americane. Centinaia di persone che vivono sapendo che non usciranno mai di cella. Mai vivi. L’unico appiglio con la vita sono le lettere inviate fuori dal carcere, come messaggi in una bottiglia. Il Fatto del Lunedì racconta la straordinaria, delicatissima esperienza di essere compagni di penna di un condannato a morte. Difficile perché non puoi tradirlo, abbandonarlo. Difficile perché parli con una persona destinata a morire. Eppure le parole che leggerete per la prima volta non raccontano solo disperazione. Anzi, ci sono una forza straordinaria, un senso della vita che tanti di noi “fuori” hanno smarrito.
La fine del fotoreporter
Erano l’anima dei giornali. I grandi fotografi di esteri che ci hanno fatto vedere guerre e avvenimenti internazionali entrati nella storia (anche grazie a una foto). I grandi fotografi di cronaca che hanno ritratto notizie e drammi della nostra Italia. Uomini e donne che lavorano per quella specie di febbre che si chiama passione, non certo per arricchirsi. Che passano quindici, venti ore al giorno al fronte o per le strade delle città. Per ubriacarsi di vita. Ora si stanno estinguendo. Colpa dei bilanci dei giornali, del mito del fotografo diffuso armato di cellulare. Ma i giornali senza i fotoreporter non saranno più gli stessi. E il loro occhio coraggioso, allenato era indispensabile, per i giornalisti. E i lettori.
Il sondaggio sul sito
Lunedì mattina sul sito del Fatto (www.ilfattoquotidiano.it) la parola ai lettori: quale partito o sindacato difende di più il vostro lavoro?