Bmw aveva interrotto la sperimentazione nel 2009, ma ora ha firmato un accordo con Toyota per la mobilità a zero emissioni. Lo stesso hanno fatto Daimler, Ford e Renault-Nissan. La Germania investe 40 milioni per installare 50 distributori entro il 2015, la California ne vuole 70 in tre anni. In Alto Adige progetto per 24 stazioni entro il 2020
Da noi si contano a malapena le colonnine per la ricarica delle auto elettriche che timidamente cominciano a fare la loro comparsa nelle nostre città. In Germania, invece, si sono presi l’impegno di realizzare entro il 2015 una rete di almeno cinquanta distributori pubblici di idrogeno, dagli attuali quindici realizzati negli ultimi dieci anni: una stazione a idrogeno esiste a Berlino fin dal 2004. Un accordo che coinvolge il governo tedesco attraverso il ministero dei Trasporti, dell’Edilizia e dello Sviluppo urbano e una serie di aziende private che prevede un investimento di 40 milioni di euro pubblici per garantire il rifornimento ad almeno 5mila auto fuel cell che si prevede circoleranno in Germania nel giro di pochi anni.
Dall’altra parte dell’Atlantico la California promette di avere settanta stazioni di servizio entro tre anni, effetto delle rigorose leggi anti-inquinamento introdotte da quando, un po’ di anni fa, dalle colline intorno a Los Angeles si è cominciato a non vedere più il panorama sotto una coltre polverosa. Ripulire il cielo non è stato facile, ma oggi lo stato più famoso e abitato della West Coast ha il primato delle auto ibride ed elettriche, ma non basta: si calcola di avere dai 10 ai 30mila veicoli a idrogeno circolanti entro il 2016 abbattendo ancora di più l’inquinamento. Il costo dell’operazione si aggira intorno ai 70 milioni di dollari, un investimento tutto sommato trascurabile per uno stato ricco come la California, che ha fatto dell’ecologia un punto di forza. In realtà è stato calcolato che se si dovesse aggiungere una “pompa” a idrogeno in ogni stazione di benzina negli Usa servirebbe un trilione di dollari. Fortunatamente le auto a idrogeno, con un’autonomia di 400-500 chilometri decisamente superiore a quella dei veicoli elettrici, non hanno bisogno di una forte presenza di stazioni di rifornimento.
La via dell’idrogeno, che sembrava interrotta per esempio da quando nel 2009 Bmw decise di smettere la produzione della sua unica vettura con questo tipo di alimentazione, è quindi ancora aperta. Lo stesso aveva fatto la Volkswagen. L’idrogeno sembrava essere stato relegato in un angolo dalle difficoltà di stoccaggio, dai motori delicatissimi che utilizzano il costosissimo platino, dalla perdita di quasi il 50% dell’energia nei vari passaggi. E è tornato tra le tecnologie su cui puntare per raggiungere l’obbiettivo di una mobilità ad emissioni zero.
Bmw ci ha ripensato e si è alleata con Toyota attraverso un accordo per sviluppare insieme progetti di mobilità sostenibile: giapponesi e tedeschi condivideranno le reciproche esperienze, gli anni di test e i milioni di chilometri percorsi con i prototipi di auto elettriche alimentate con l’utilizzo di celle di combustibile a idrogeno. E già si parla di un’auto sportiva con il marchio dell’elica. A questo si aggiunge l’accordo tra Daimler, Ford e Renault-Nissan con un’alleanza commerciale con Yokohama con gli stessi obbiettivi e una data di scadenza: il 2017, anno in cui, secondo le case coinvolte, l’idrogeno sarà una realtà diffusa.
I progressi sulla via delle auto dal tubo di scappamento sputano solo vapore acqueo sembrano però lenti, se si pensa che il primo distributore di idrogeno risale al 2000, installato negli Stati Uniti a Dearborn, contea di Wayne, stato del Michigan, la città natale di Henry Ford. Da quel giorno gli impianti si sono diffusi in tutto il mondo fino ad arrivare, si calcola, a un numero intorno ai 250. Il primo in Europa è datato 2003 ed è stato installato a Reykjavik sulla Vesturlandsvegur, una strada a 5 chilometri dal centro che porta a Nord: è una stazione come un’altra, ha un piccolo bar, vende sigarette. Il primo ‘pieno’ è stato fatto il 24 aprile di quell’anno a tre autobus pubblici (costo 400mila euro ciascuno) tra cui la navetta per l’aeroporto. In quell’occasione l’Islanda si è dichiarata il primo Paese “no oil” del mondo e Reykjaivik la prima “città del futuro”.
Più recentemente, nel 2009, è stata inaugurata in Norvegia l’autostrada “a idrogeno” Oslo-Stavanger: quasi 600 chilometri intervallati da 12 stazioni di servizio. Il Cute (Clean urban transport for Europe), programma comunitario per lo sviluppo della mobilità ecosostenibile, sta avendo effetti positivi: Amsterdam, Amburgo, Barcellona, Lussemburgo sono nell’elenco delle città dotate di stazioni di rifornimento di idrogeno per autotrazione. E in Italia? Si parte dall’Alto Adige, con l’obbiettivo di dotare la regione di 24 stazioni di produzione e distribuzione di idrogeno entro il 2020. E non lontano dal casello di Bolzano Sud si sta già realizzando (fine dei lavori prevista entro quest’anno) un impianto di produzione e distribuzione con un potenziale di 250 metri cubi di idrogeno all’ora, l’equivalente di 650mila litri di benzina, capace di approvvigionare 50 autobus o mille auto. Il progetto si inserisce in quello di un’altra “autostrada a idrogeno” da Modena a Monaco di Baviera, con un distributore ogni cento chilometri.