Con lo stop alla tassa sulla casa gli enti locali si troveranno con miliardi in meno già previsti nei propri bilanci, soldi che dovranno arrivare da Roma ma sulla cui entità l'erario non è in grado di dare certezze. I sindaci: "Con questi continui cambiamenti c'è troppa incertezza e non possiamo fare i bilanci, procederemo mese per mese"
Signori, si ricambia. Dopo gli annunci di Enrico Letta, pare che l’imposta sugli immobili verrà modificata (per ora non è stata affatto abolita). E per la quarta volta in due anni bisognerà rifare tutti i conti su quel che spetta ai Comuni. Risultato? Inevitabili tensioni tra Tesoro e enti locali e i soliti problemi di chiusura dei bilanci dei municipi.
L’Imu era stata inventata dal governo Berlusconi nel marzo 2011 nell’ambito del federalismo fiscale: avrebbe sostituito la vecchia Ici nel 2014. A novembre di quell’anno, però, il nuovo esecutivo di Mario Monti ne anticipò la nascita al 2012 estendendola alla prima casa, inglobando l’Irpef fondiaria e aumentando le rendite catastali. I tecnici, per di più, destinarono una bella fetta del gettito – 23,7 miliardi in tutto, 4 dalle abitazioni principali – allo Stato centrale. I Comuni si tenevano i soldi dell’Ici più una quota sulla prima casa e gli eventuali aumenti discrezionali.
Ovviamente non era un regalo: tanti soldi arrivavano in più dall’Imu, tanti erano i tagli che il governo apportava ai trasferimenti. Inizia qui la guerra tra Anci e Tesoro: secondo i sindaci, infatti, a Roma hanno sottostimato il gettito della vecchia Ici di almeno un miliardo di euro rubandolo, dunque, ai comuni. A dicembre, infine, Monti cede alle pressioni del Parlamento e decide che l’Imu 2013 andrà tutta ai Comuni, con l’eccezione di opifici, alberghi, fabbricati commerciali etc: con questa novità però – calcolando anche il miliardo della nuova Tares sui servizi indivisibili – lo Stato azzerava i suoi finanziamenti ai comuni.
Ora, però, si cambierà ancora e, se si abolisce l’Imu sulla prima casa, bisognerà tornare ai trasferimenti da Roma e all’inevitabile trattativa sul gettito “che sarebbe stato”. “Questa è la cosa drammatica – spiega Alberto Zanardi, professore di Scienza delle Finanze a Bologna – La dialettica tra erario e comuni viene moltiplicata perché ogni anno cambiamo l’imposta e bisogna stabilire da capo quel che sarebbe stato il gettito”. Togliendo l’Imu sulla prima casa bisognerà trovare una cifra compresa tra i 3,3 e i 4 miliardi. É il primo, enorme problema: circa il 25 per cento dei Comuni, infatti, aveva aumentato l’aliquota sull’abitazione principale ricavandone un extragettito, altri avevano intenzione di farlo quest’anno (Napoli e Bologna, ad esempio), tutti avevano già inglobato quelle maggiori tasse nel bilancio di previsione per il 2013. L’inghippo? I trasferimenti statali saranno tarati sull’aliquota base del 4 per mille – senza aumenti – per evitare che chi ha faticato per tenere basse le tasse venga alla fine penalizzato. Spiega il primo cittadino di Bolzano Luigi Spagnolli: “Il presidente Letta ha annunciato che non si pagherà l’Imu sulla prima casa: dovranno però dirci come e dove prendere quei soldi già messi a bilancio”.
Discorso che riguarda anche la Tares, altra imposta comunale, se si deciderà di rimandarla all’anno prossimo. “In questo stato di incertezza – dice il vicesindaco di Genova Stefano Bernini – non riusciremo ad avere un bilancio: senza certezza di entrate, i Comuni saranno costretti ad andare avanti a dodicesimi (di mese in mese, ndr) con il rischio di spendere di più”. Non solo: i sindaci – se i trasferimenti statali fossero rallentati come è accaduto negli ultimi anni – potrebbero trovarsi ad avere pure problemi di liquidità. “Effettivamente c’è un problema e lo affronteremo”, dice il neoministro Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia.
Non è una mera faccenda contabile. Nei bilanci dei municipi ci sono le strade, il verde, i rifiuti, il welfare di prossimità, gli asili e altre cosette: niente soldi, niente servizi. Ammesso e non concesso che alla fine Enrico Letta trovi coperture solide, c’è altro che va infine sottolineato: come spiega l’Agenzia del Territorio, abolire tout court l’Imu sulla prima casa avrebbe effetti regressivi abbastanza evidenti. In italiano significa che favorirebbe i più ricchi, cioè chi ha case più costose, assai di più rispetto a chi possiede abitazioni modeste o normali.
Da il Fatto Quotidiano del 1° maggio 2013