Il sindaco di Arconate eletto in Parlamento e in Regione, presenta richiesta al Prefetto per restare in consiglio. E comunque rimarrà "in carica finché la legge me lo permette”
Domandare è lecito, dice la saggezza popolare. E Mario Mantovani, senatore Pdl, assessore in regione Lombardia e sindaco di un comune in provincia di Milano, deve avere pensato questo quando ha inviato al Prefetto una richiesta per sapere se “la decadenza dalla carica di sindaco (dovuta all’incompatibilità tra i suoi tre incarichi, ndr) comportasse anche quella da consigliere comunale”. Una domanda inviata prima che gli organi competenti (la giunta per le elezioni di regione Lombardia e quella del Senato), arrivino a fargli abbandonare due dei tre posti che occupa. Ci vorranno ancora mesi.
Intanto Mantovani è andato a Roma a eleggere il presidente della Repubblica e a votare la fiducia al governo Letta, mentre continua a convocare il consiglio comunale: “Resterò in carica finché la legge me lo permette”, dice. A differenza di altri ‘colleghi’ che hanno già lasciato il Parlamento (come il leghista Roberto Cota e il leader di Sel Nichi Vendola), Mantovani ha scelto il Pirellone (dove ricopre l’assessorato di maggior peso, la Sanità, oltre che la vice-presidenza), continua a svolgere le altre due funzioni e con la richiesta di rimanere (anche) consigliere comunale ha provato a scrivere una nuova pagina nel romanzo dei doppi-tripli incarichi nel nostro Paese. Troppo duro lasciare un paesino di 6mila anime, con il bilancio in attivo e la costruzione di una residenza per anziani (Rsa) agli sgoccioli, settore in cui la famiglia Mantovani è in prima linea.
Arconate è “comune d’Europa”, come si legge nel cartello di benvenuto tra gli ultimi campi del nord-ovest milanese e i capannoni delle zone industriali. Vanta un gemellaggio ventennale con una città belga (Lennik), che ogni anno viene visitata dagli studenti arconatesi insieme a Bruxelles, dove spesso a fare da guida è lo stesso Mantovani che dal 1999 al 2008 è stato anche parlamentare europeo. Ma l’ascesa politica dell’uomo e quella istituzionale del ‘suo’ comune è legata anche a un’altra figura: ‘mamma Rosa’, la madre di Silvio Berlusconi cui nel 2007 concede la cittadinanza onoraria per lo stile di “sobrietà e dolcezza” che la caratterizzava.
Il suo mandato, oltre che per la rielezione tre volte consecutive alla carica di sindaco, si caratterizza anche per una gestione estremamente diretta delle vicende cittadine. Mai un sindaco fu più premuroso, tanto da accollarsi colloqui individuali con chi deve rinnovare la carta d’identità: succede soprattutto con i cittadini stranieri, che prima di recarsi all’Anagrafe devono ‘superare’ le sue domande. Il coordinatore lombardo del Pdl si vanta anche di non essere stato un costo per il suo comune: essendo obbligato dalla legge a scegliere un compenso, ha preferito negli ultimi 12 anni rinunciare a quello da sindaco (circa 800 euro mensili), optando per una più corposa indennità parlamentare.
La popolarità sul territorio se l’è guadagnata sia con lo sblocco di fondi statali alle scuole, al tempo in cui era sottosegretario alle Infrastrutture del governo Berlusconi, sia con la presenza capillare di Rsa, centri disabili e hospice che dal ’96 sono il core business di famiglia. La Lombardia, alle ultime regionali, lo ha ripagato con quasi 13mila preferenze. Intanto, visto che Mantovani temporeggia, i consiglieri comunali di opposizione hanno richiesto la convocazione di un consiglio comunale urgente per discutere della sua incompatibilità. Entro un mese la sua carica passerà quindi al vice-sindaco, mentre il Prefetto di Milano ha rimandato al mittente la sua richiesta di potere rimanere nell’assemblea consiliare.
Come spiega il ministero dell’Interno al fattoquotidiano.it “in nessun caso il sindaco dichiarato decaduto può chiedere di rimanere a far parte del consiglio comunale in qualità di consigliere, non essendo titolare della relativa carica. Sull’eventuale mancato esercizio dell’opzione, non sussistono margini d’intervento da parte del ministero dell’Interno”. Più lunghi i tempi della giunta per le Elezioni in Parlamento, dove si è ancora fermi a quella provvisoria presieduta dal senatore Luigi Casson (Pd): ”Sarebbe importante che il presidente del Senato invitasse pubblicamente gli interessati a rispettare le norme costituzionali risolvendo al più presto le cause della loro posizione di incompatibilità”.
Sull’argomento erano intervenuti anche i dieci saggi di Napolitano, proponendo di modificare l’articolo 66 della Costituzione in modo da attribuire ”a un giudice indipendente e imparziale” la decisione su legittimità dell’elezione, ineleggibilità e incompatibilità, togliendo questo potere al Parlamento. C’è il rischio che “prevalgano logiche politiche” e si ripetano episodi visti nella precedente legislatura con i senatori-sindaci Pdl Azzolini e Nespoli.
Sarà più veloce invece la macchina burocratica in regione Lombardia, dove sono 11 i sindaci eletti: “Entro il 9 giugno la giunta per le elezioni si pronuncerà sull’incompatibilità dei consiglieri e degli assessori – spiega il presidente della commissione Roberto Bruni – Poi il consiglio avrà 30 giorni per dichiarare l’incompatibilità”. Leggermente più rapidi i tempi per gli assessori esterni, come i leghisti Massimo Garavaglia (senatore e assessore al Bilancio) e Gianni Fava (deputato e assessore all’Agricoltura). La guerra al doppio incarico, annunciata dal governatore lombardo Roberto Maroni in campagna elettorale, dovrà aspettare ancora un po’.