“La Rete non ha bisogno di una legge speciale, le regole ci sono già. Bisogna solo farle rispettare“. Così Stefano Rodotà, già garante della Privacy e candidato sfumato per il Quirinale, critica la richiesta di maggiore controllo sul web arrivata da Laura Boldrini, presidente della Camera, per gli attacchi e i fotomontaggi ingiuriosi circolati in rete contro di lei. 

Rodotà riconosce che quella lanciata dal presidente della Camera è “una battaglia culturale” e ribadisce la sua “massima solidarietà per le minacce subite”. E se da un lato concorda con Boldrini, riferendosi al fatto che “in Italia esiste, ed è diventata molto forte, una cultura razzista, omofoba, sessista“, dall’altro Rodotà puntualizza che “internet non è un far west. Le leggi, che puniscono i reati virtuali allo stesso modo di quelli fisici, ci sono già. Al massimo possiamo fare una ricognizione per verificare che siano coperte tutte le fattispecie”.

Il problema del web è che la “Rete, per le sue caratteristiche di rapidità, di ampia divulgazione e di facilità di accesso, richiede un sistema di garanzie adeguato. Quando la magistratura ritiene di dover rimuovere un contenuto diffamante – conclude – deve poter contare su una struttura tecnica di grado di farlo in tempo reale, risalendo con certezza all’autore. Questa non è censura o controllo. E’ rispetto della legge“.

Poi un attacco alla politica italiana, colpevole di aver sottovalutato in qualche modo il contesto culturale che si stava creando: “Negli ultimi anni una certa classe politica italiana irresponsabile ha derubricato a burle, a folclore, delle esternazioni gravissime come quelle di alcuni esponenti della Lega Nord. I politici oggi hanno il dovere di comportarsi in modo adeguato al ruolo istituzionale che ricoprono”.

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