Firmato con Ordine e sindacato un protocollo che "chiude" diverse aree del palazzo ai cronisti e detta regole per le interviste. In più introduce la distinzione tra testate "ufficiali" e freelance. Protestano Pd e Idv, la Fnsi replica: "E' solo per razionalizzare il lavoro, in caso di abusi interverremo"
C’è chi lo ha definito un bavaglio alla stampa e c’è chi, invece, lo considera uno strumento per agevolare il lavoro dei giornalisti e dei giornali veri. Una cosa è certa, il protocollo siglato tra il Consiglio regionale della Calabria, l’Ordine dei giornalisti e il sindacato Fnsi a pochi giorni dalla puntata di Report ha provocato diverse polemiche. Anche perché distingue tra i giornalisti delle testate “ufficiali” e i freelance, spesso collaboratori di testate on line prive di una vera struttura redazionale.
Si intravede l’ombra della censura alla stampa da parte di una classe politica, quella calabrese, che non gradisce i cronisti nel Palazzo. Questo lo si era percepito anche da alcune circolari firmate dal segretario generale Nicola Lopez che pongono ai dipendenti vincoli specifici nel loro rapporto con i giornalisti. “Bocche cucite”, insomma, con i “nemici” di Reggio, con chi racconta i magheggi della politica calabrese e di quel Consiglio regionale che, in passato, è stato capace di riunirsi per protestare contro la trasmissione “Presadiretta” di Riccardo Iacona, ma non per l’arresto di tre consiglieri di centrodestra, due dei quali per reati di mafia. Figuriamoci poi se è mai stato inserito all’ordine del giorno, un dibattito sull‘inchiesta sui rimborsi elettorali nell’ambito della quale 12 consiglieri sono indagati dalla Procura di Reggio.
Ritornando al protocollo, a creare scandalo sono stati alcuni articoli della convenzione secondo cui, per esempio, “i giornalisti accreditati potranno intervistare i consiglieri regionali, dopo aver preso contatto con l’ufficio stampa. Le interviste potranno essere realizzate esclusivamente all’interno della sala stampa sita nel corpo A1. È inoltre vietato tassativamente l’ingresso in altre aree ed uffici di Palazzo Campanella, se non autorizzati dall’ufficio stampa”.
E ancora: l’accesso nell’Astronave (lo stabile che ospita l’assemblea, ndr) “nei giorni di sedute del consiglio regionale, è limitato al primo piano del corpo A1, lato sala stampa. In tutti gli altri giorni, l’accesso ai giornalisti è consentito previo contatto con l’ufficio stampa”.
Oltre ad alcuni giornali, contro queste norme si sono schierati si sono schierati due consiglieri. Per Mimmo Talarico (Idv) “ben venga il protocollo d’intesa se questo risponde all’esigenza di organizzare meglio le attività dei giornalisti che si occupano dei lavori del Consigli. Non vorrei, però – aggiunge – che la rigidità del protocollo celasse, invece, una limitazione del diritto di cronaca degli stessi giornalisti. In ogni caso è sorprendente che i vertici del sindacato e dell’ordine non abbiano espresso alcun dubbio in proposito”.
Ci va giù pesante, invece, l’ex assessore al Bilancio Demetrio Naccari, oggi consigliere d’opposizione del Pd, che attacca il presidente del Consiglio, Francesco Talarico (Udc), definendolo “principe barbaro vassallo del governatore Scopelliti, che cerca di nascondere il tesoro della democrazia cioè l’informazione. In un momento in cui l’informazione con il web ha assunto una dinamica orizzontale cosa c’è di meglio che porre limiti e barriere? Ecco allora il recinto, i criteri selettivi e se è possibile l’autorizzazione a procedere. È molto grave che si sia proceduto da parte della Regione senza che noi consiglieri sapessimo che si stava regolamentando il lavoro anche nostro”.
Per Naccari, insomma, “il protocollo di intesa (del quale stasera si occuperà anche la trasmissione “Piazza pulita” in onda su La7, ndr) appare più uno strumento per limitare l’informazione che per razionalizzare e rendere più agevole il compito dei giornalisti e dei consiglieri regionali. In questi anni Scopelliti ci ha abituato al tentativo di blandire o acquistare, minacciare o condizionare i media. Il Consiglio se vuole essere realmente espressione democratica della Calabria deve trovare nuovi modi per parlare ai cittadini”.
A difendere, invece, la bontà dell’accordo stipulato è il segretario regionale della Fnsi, Carlo Parisi, secondo cui il procollo non vieta ai giornalisti di avere un rapporto diretto con il consigliere che desiderano intervistare. Anzi, a detta del sindacalista e dei rappresentanti dell’ordine, la convenzione ha un unico obiettivo: “Quello di agevolare il compito dei giornalisti che seguono i lavori del Consiglio e delle Commissioni e di fissare i criteri base per il rilascio degli accrediti”.
“La verità – sottolinea Parisi – è che quasi tutte le testate che si lamentano non hanno giornalisti”. L’articolo 1 del protocollo, infatti, stabilisce che saranno accreditati i cronisti che lavorano per una testata “regolarmente registrata ai sensi della legge sulla stampa e con in organico almeno un giornalista assunto con contratto nazionale di lavoro giornalistico”. E per i freelance? “Questi ultimi – aggiunge il segretario Parisi – dovranno avere una posizione attiva alla gestione previdenziale separata dell’Inpgi. E’ un modo per fare emergere il lavoro nero in una regione dove i giornalisti vengono pagati anche 4 centesimi a rigo”.
Per quanto riguarda, infine, la libertà di movimento all’interno del Consiglio regionale, il sindacalista della Fnsi ricorda che al Senato o alla Camera avviene la stessa cosa: “Noi abbiamo fatto un protocollo per la sala stampa e la tribuna. Non per l’intero Palazzo Campanella. Per parlare con un consigliere nessuno obbliga i giornalisti a passare necessariamente dall’ufficio stampa. È una possibilità in più. Evidentemente, in Calabria non ci si è mai preoccupati di questo e c’è stata sempre l’anarchia più totale. Se si decide di fare una lotta all’abusivismo, l’unica cosa che si può fare è creare uno spartiacque tra le testate serie e chi non ha nemmeno un assunto”.
“Certo poi – ammette infine Parisi – il protocollo potrebbe essere strumentalizzato contro i giornalisti da chi ha il compito di farlo rispettare. Si dovesse verificare questo, però, l’ordine e la Fnsi saranno i primi a chiedere conto al Consiglio regionale e a gridare alla censura”.