Uno studio di 100 oncologi pubblicato sulla rivista Blood sostiene che dei 12 farmaci approvati dall'autorità del farmaco americana nel 2012, 11 sono stati immessi sul mercato a un prezzo superiore a 100mila dollari per paziente per anno. E il costo dei medicinali esistenti di provata efficacia è stato aumentato fino a tre volte
Le industrie dei farmaci antitumorali accusate di sciacallaggio. Da un gruppo di 100 oncologi tra i più illustri del pianeta, secondo i quali l’industria del farmaco punta a realizzare un profitto con metodi non etici, come accade con l’aumento del costo del grano dopo un disastro naturale. L’influente gruppo di esperti di cancro sostiene che i prezzi elevati praticati dalle aziende farmaceutiche per i farmaci contro il cancro stanno effettivamente condannando a morte i pazienti. E lo scrive in un report pubblicato sulla rivista Blood, secondo cui dei 12 farmaci approvati dall’autorità del farmaco americana, Food and Drug Administration (Fda), nel 2012, 11 sono stati immessi sul mercato a un prezzo superiore a 100mila dollari per paziente per anno. Inoltre il prezzo dei farmaci esistenti di provata efficacia è stato aumentato fino a tre volte.
Gli specialisti attaccano: “Che cosa determina un moralmente giustificabile ‘giusto prezzo’ per un farmaco contro il cancro? Un prezzo ragionevole dovrebbe mantenere sani i profitti dell’industria farmaceutica, senza essere visto come una ‘speculazione’. Il termine sciacallaggio può applicarsi alla tendenza dei prezzi elevati del farmaco in circostanze in cui la vita di un paziente è in condizioni mediche gravi. E che ne provoca il disastro”. Aggiungono poi che in presenza di prezzi elevati tali farmaci, per quanto concerne la Gran Bretagna, non possono essere approvati dal National Institute for Clinical Excellence costringendo i medici a compilare un’apposita scheda di 14 pagine da allegare al fondo della confezione dei farmaci contro il cancro e ad appannaggio di quei pazienti inglesi che potrebbero trarre beneficio da loro utilizzo.
Gli autori del report sono tutti specialisti in tumori del sangue come la leucemia, in cui farmaci contro il cancro si sono dimostrati più efficaci. Uno dei più noti, l’Imatinib, il cui marchio è Glivec prodotto e commercializzato dalla svizzera Novartis, ha avuto così tanto successo nella terapia della leucemia mieloide cronica che i pazienti in cura una decina di anni fa, non solo sono sopravvissuti per qualche anno, ma oggi possono aspirare a una quasi normale aspettativa di vita. Di contro il costo di Glivec è passato da 18mila sterline per paziente per anno a circa 21mila nel Regno Unito, mentre negli Usa da 30mila a 92mila dollari. E ciò nonostante tutti i costi di ricerca siano stati coperti dal prezzo originale e il numero di pazienti trattati e la durata del trattamento abbiano registrato significativi incrementi a causa del successo del farmaco.
Daniel Vasella, ex presidente e amministratore delegato di Novartis, ha detto in proposito che il prezzo originale praticato per Glivec nel 2001 era stato considerato “alto, ma ne valeva la pena”, con un fatturato annuo stimato all’epoca in 900 milioni dollari, sufficienti a coprire il costo di sviluppo in due anni . Un decennio più tardi le entrate sono state invece della cifra record di 4,7 miliardi. Secondo gli oncologi che hanno sollevato il caso, i ricavi di Glivec nel corso degli ultimi dieci anni “rappresentano profitti generosi per la società”. Ma questo ha prodotto una forte pressione su chi deve pagare il conto. E accusano: “I pazienti sono diventati le vittime finanziarie del successo del trattamento, costretti a dover pagare il prezzo ogni anno più caro per rimanere in vita”.
Negli Usa, proseguono gli oncologi, anche i pazienti dotati di un’assicurazione sanitaria devono corrispondere un contributo medio del 20% del prezzo del farmaco. E proprio il costo di cure salate rappresenta la causa più frequente di fallimenti. Tre nuovi farmaci sono stati approvati per la leucemia mieloide cronica nell’ultimo anno da parte della Fda, ma i prezzi sono “astronomici”, dicono gli autori dell’articolo, fino a 138mila dollari l’anno per paziente. Nel Regno Unito i pazienti sono protetti dalle “ansie economiche dirette di malattia”. Ma il professor Jane Apperley, presidente del dipartimento di Ematologia presso l’Imperial College di Londra, e uno degli autori del report, ritiene che i prezzi elevati dei farmaci salva vita rappresentano ancora una causa di danno in Gran Bretagna.
E dice: “Il prezzo di un farmaco influisce pesantemente. Io sono il capo del servizio presso l’Imperial College e riceviamo costantemente la richiesta di ridurre la nostra spesa. Dobbiamo guardare con molta attenzione al costo dei farmaci che usiamo”. Ma per scacciare le accuse di condurre una battaglia ideologica contro l’industria del farmaco, osserva: “Certo che abbiamo bisogno dell’industria farmaceutica per inseguire lo sviluppo di nuovi farmaci. E’ molto eccitante che un certo numero di tumori stiano diventando sensibili a questi nuovi farmaci. Il problema è che l’aumento dei costi è insostenibile”. Perché se da un lato le cure si rivelano molto efficaci nel mantenere in vita le persone, dall’altro, conclude il report, “se il loro prezzo è fuori dalla portata dei pazienti, sappiamo che è possibile mantenere in vita le persone, ma sappiamo anche che non tutti possono permettersi di farlo”. E chiedono di essere sostenuti nella difesa dei prezzi dei farmaci, “una necessità per salvare la vita dei pazienti”.