Il passaggio del processo da Milano a Bologna non cambia le carte sul caso Brontos, ma confonde le acque. La procura del capoluogo emiliano ha chiesto il rinvio a giudizio per le 20 persone, tra cui anche l’ex ad di Unicredit e attuale presidente di Mps Alessandro Profumo, già finite imputate a Milano per una presunta maxi frode fiscale da 245 milioni di euro realizzata attraverso l’operazione di finanza strutturata chiamata appunto Brontos.
Il 23 novembre scorso il giudice della seconda sezione di Milano, Maria Antonietta Monfredi, aveva dichiarato incompetente il tribunale lombardo nel processo e aveva deciso che gli atti venissero trasferiti a Bologna. L’eccezione di incompetenza era stata avanzata dalle difese. La procura bolognese è quindi ripartita dalla chiusura delle indagini, l’atto precedente alla richiesta di rinvio a giudizio. Ma il pm titolare del fascicolo, il sostituto procuratore Giuseppe Di Giorgio, nel chiedere il rinvio a giudizio ha anche denunciato conflitto di competenza con Milano. La richiesta è attualmente pendente davanti all’ufficio gip, che non ha ancora fissato la data dell’udienza preliminare.
Di fatto le condotte contestate si sarebbero realizzate in diverse città (tra cui appunto Milano, Bologna, ma anche Roma). Il gip di Bologna cui è stato assegnato il procedimento, Maurizio Millo, ora ha davanti un ventaglio di opzioni: se non dovesse condividere la denuncia del pm e ritenesse Bologna competente dovrebbe procedere con la fissazione dell’udienza preliminare; oppure invece, se la condividesse, potrebbe rinviare alla Cassazione per una pronuncia definitiva sulla competenza territoriale. In linea teorica infine, il gip potrebbe anche giudicare che la competenza spetti a Roma e inviare alla capitale gli atti.
Al centro dell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo ci sono una serie di operazioni che, per l’accusa, avrebbero permesso a Unicredit di pagare meno tasse nel periodo 2007-2009. Stando l’ipotesi formulata dal procuratore Robledo, il gruppo bancario avrebbe effettuato alcune operazioni di finanza strutturata con società lussemburghesi di Barclays per mascherare utili, facendoli figurare come dividendi, quindi soggetti a una aliquota fiscale più bassa. Lo scorso agosto la banca ha raggiunto un accordo transattivo col fisco in merito alla vicenda e ha pagato 264,4 milioni di euro tra multe e sanzioni.