Il tornado in Emilia, un ennesimo evento estremo a sorpresa ma che è capitato, potrebbe essere solo un assaggio di ciò che ci riserva il clima futuro; vediamo un po’ di capire come stanno le cose.
L’anidride carbonica (CO2) in atmosfera sta per raggiungere i 400 ppm, un valore mai sperimentato da nessun essere umano comparso sul pianeta Terra e anche da pochi mammiferi. Per trovare un valore più alto dobbiamo risalire indietro di almeno 3-4 milioni di anni. Allora il pianeta era ben diverso da oggi, più caldo di 3-4°C e col livello del mare più alto di una quarantina di metri. Nessun problema dunque per il pianeta terra, ma in quei climi, non a caso, non esisteva l’uomo.
La CO2 è uno dei principali gas serra, presente in natura in piccole, ma giuste dosi; nell’ultimo milione di anni la sua concentrazione in atmosfera è oscillata fra 190 ppm nelle ere glaciali e non oltre 290 nelle ere miti interglaciali; così è rimasta dall’ultima deglaciazione, 20.000 anni fa, all’inizio dell’era industriale. Da allora, è iniziato un aumento esponenziale ben correlato con l’uso (e abuso) dei combustibili fossili.
Ma cosa significa 400 ppm e perché un simile valore deve preoccupare? Diciamo che la CO2 a 400 ppm è un segnale preoccupante dell’urgenza di affrontare i cambiamenti climatici e della gravità della situazione. Siamo stressati quotidianamente dallo spread, e proprio 400 sarebbe un valore da allarme, mentre ora siamo più tranquilli perché è sui 280. Ecco, più o meno vale lo stesso per la CO2. La “soglia di pericolo” di fatto è già superata dal 1988, quando era 350 ppm, valore che secondo James Hansen e l’omonima organizzazione ambientalista è appunto la soglia critica che non doveva essere superata. L’Europa ha adottato la soglia di pericolo a 450 ppm, la quale ci dà, dice l’UE, “il 50% di probabilità di evitare effetti dannosi del clima e di restare entro 2°C di aumento delle temperature globali rispetto all’era industriale ed entro il 2100” e che di questo passo sarà raggiunta fra 15-20 anni. E’ sufficiente? Probabilmente no, è come dire “hai il colesterolo a 400 anziché a 200 e la glicemia a 300 anziché 100, ma se rientri rispettivamente a 300 e 200 hai il 50% di probabilità di evitare l’infarto e/o l’ictus”. I 450 ppm sono dunque una sorta di “soglia di pericolo politica”, che ci dà l’idea di aver ancora tempo per l’azione.
Proprio l’Europa sta varando un apposito “piano di adattamento ai cambiamenti climatici”, ovvero dichiara la resa; non siamo stato in grado di evitarli, dunque facciamo in modo di adattarci e sopportare i danni in arrivo. Ma solo se il global warming resta entro i famigerati 2°C saremo in grado di adattarci, ad un costo comunque alto, anche economicamente.
Kyoto era un obiettivo facile da raggiungere anche solo eliminando sprechi ed inefficienze o poco più; il 20-30% per il 2020-30, richiede interventi più complessi nell’efficienza energetica e fonti rinnovabili, ma senz’altro fattibili; come dice Al Gore “abbiamo già tutto fuorchè la volontà politica, ma la volontà politica in America è una risorsa rinnovabile”.
E’ perciò urgente ridurre le emissioni serra drasticamente, anche ben oltre il 6% previsto dal protocollo di Kyoto, che l’Italia raggiunge più grazie alla crisi che alle poche e contraddittorie azioni virtuose.
Per il 2020 l’Europa ha un target di riduzione del 20%, e alcune amministrazioni locali adottano, chi più seriamente, chi solo per operazione di greenwashing, il patto dei sindaci che prevede analoghe riduzioni per le città.
Localmente, la provincia di Modena si diede, ricordiamo, un obiettivo ancor più ambizioso su Kyoto con il percorso agenzia 21 e sviluppo sostenibile, ma nessuno sa se questo obiettivo, che era per il 2012, è stato raggiunto.
E poi? Al 2050 la riduzione delle emissioni serra, e quindi dei consumi energetici, dovrebbe essere l’80-90%, secondo alcuni fattibile perfino garantendo nel contempo la crescita economica. Ai posteri, ma anche alle giovani generazioni, l’ardua sentenza, ma ne riparlemo…